Sono sempre stata attratta dalla natura e dai tronchi. Dalle loro forme variegate, dai nodi degli ulivi, dalle ramificazioni verso il cielo degli alberi di montagna e delle radici immense, immerse nell’acqua delle mangrovie africane.
Un tronco liscio, privo di nodi, sembra la pelle di un bambino o di un finto adulto, adolescente-bambino. Di chi non ha ancora subito escoriazioni o di chi, come spesso accade, non impara dagli sbagli e se li fa scivolare addosso. Senza nodi, senza traumi, senza profondità alcuna.
Poi ci sono i tronchi con i nodi, i miei preferiti, come la psiche ingarbugliata e ferita dei miei pazienti. Quei nodi così possenti sono il ricordo di rami e traumi del passato: un amore che è stato parte integrante della vita e che adesso non c’è più, la cui memoria rimane ancora e sempre saldamente dentro, dopo il quale la vita e il tronco cambiano direzione e forma (del potere trasformativo e deformativo delle relazioni ho scritto tanto e anche qualche libro).
Altri nodi ricordano una cicatrice trasformata in decoro, in bellezza, in un frammento di eternità.
Questa mattina, passeggiando ne ho incontrato uno che mi ha sedotta.
Mi ha fatto venire in mente la forza della natura, dell’amore e della vita.
A guardarlo si direbbe: povero tronco! Seppur spaccato dal tempo, rimane immobile nella sua immensa bellezza. Screpolato dal sole e levigato dal vento, ma fiero e apparente deceduto.
Sembrava finito, morto, un caro estinto, come una storia chiusa da anni, il cui ricordo si è già sbiadito nel tempo.
Ma un mattino d’agosto, un minuscolo germoglio fora la corteccia dura, sfidando ogni ruggine e incuria del passato. Decide di sbocciare tra le crepe del tempo.
Un verde tenero, nuovo, quasi timido, si fa largo tra la corteccia spaccata e arida.
È la vita che ricorda a quel tronco e a noi tutti che nulla è davvero finito finché c’è luce, terra, respiro e il coraggio di ricominciare.
In fondo, il tronco non è molto diverso da noi.
Anche chi sembra con la pelle dura, coriacea, resistente a ogni intemperia e mancanza d’amore, con un tiepido raggio di sole, innaffiato con tanto amore e costanza, riesce a germogliare nuovamente. E la morte del cuore diventa vita.
Anche dalla pelle più dura e più usurata può rinascere la bellezza.
P.S: Racconto di una passeggiata in riva al mare siciliano di agosto, rapita dalla bellezza di un tronco.
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