Sarà desueto, ma a me il termine lubrico piace molto e purtroppo fa rima con pubblico.
Un gesto lubrico è la concretizzazione di un esibizionismo offensivo, di qualcosa che viene messa in scena in maniera ostentata, chiaramente di cattivo gusto, che lede il comune senso del pudore, per chi ancora ne possiede uno.
Questa parola antica mi fa riflettere molto. Tra le derive della modernità ne abbiamo una, madre di tante altre: la perdita del confine tra ciò che è privato e ciò che è pubblico.
Tra l’ostentazione di sé travestita da sincerità, lealtà, normalità e il buon vecchio pudore e buongusto. I sentimenti vengono venduti al migliore offerente – gli audio e le chat di Raul Bova innamorato ne sono una prova -, segue Temptation Island, l’apoteosi del cattivo gusto, senza dimenticare i post con nudità varie ed eventuali, il chiasso e la volgarità.
Come se l’esistenza, per essere vera, avesse bisogno di essere confermata da uno schermo, da un cuore rosso, da un commento e un like (anche a pagamento!).
In un mondo in cui l’essere passa dall’apparire i rischi sono enormi.
L’identità si è trasformata in qualcosa da costruire pubblicamente, da mettere in vetrina, a suon di esternazioni anche fuori luogo.
Non basta essere felici: bisogna mostrarlo. Non basta viaggiare, amare, soffrire, guarire, dare alla luce un bambino, bisogna mostralo.
Ogni gesto vissuto ha bisogno di una prova visiva, di una testimonianza social che diventa semplicemente un’ostentazione di sé.
Questa esibizione di massa genera una sorta di estetica delirante del quotidiano, dove ogni gesto, anche il più semplice o intimo, può diventare contenuto o pseudo tale: il piatto di pasta appena cucinato, le lacrime trattenute o copiose, finte o di coccodrillo, il corpo allenato, dimagrito, ingrassato, la relazione appena nata, deceduta, profanata da un tradimento, una ferita appena rimarginata.
Tutto si trasforma in teatro dell’assurdo.
E in questa rappresentazione collettiva, anche la sofferenza diventa condivisibile, instagrammabile, vendibile.
I rischi per la salute psichica sono immensi, per gli adolescenti e per quelli di ritorno, presumibilmente adulti.
Più ci esponiamo, più ci svuotiamo. Più cerchiamo approvazione, più rischiamo di perdere il confine tra chi siamo e chi vogliamo sembrare. L’esibizionismo collettivo ci promette visibilità, ma ci consegna alla dipendenza, all’insicurezza, al confronto tossico con ciò che spesso non esiste.
Abbassare la saracinesca sul proprio mondo interno significa averne cura, proteggerlo, aiutarlo a germogliare e a fare radici.
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