Un genitore è felice della felicità del figlio. E un figlio è felice della felicità del genitore?

I figli sono egoisti. Almeno sino a una certa età. Non è colpa loro, ma nostra. Noi genitori, sin da quando li diamo alla luce, li mettiamo al centro della nostra esistenza, li accudiamo, li viziamo e li facciamo crescere ben posizionati su un piedistallo.
Poi, certo, ci penserà la vita a fargli comprendere bene come stanno le cose, ma intanto la responsabilità del loro egocentrismo è soltanto nostra.
Non è cattiveria la loro. Crescono guardando avanti, rapiti dal bisogno di trovare il proprio posto nel mondo. Danno per scontato l’amore dei genitori, come se fosse un cielo che non smette mai di proteggerli, anche quando non lo guardano più.
I genitori, invece, restano lì con il cuore aperto. Sperano in uno sguardo, in un grazie, in un gesto affettuoso.
E quando questo non arriva, una fitta silenziosa trafigge il loro petto.
Oggi, dopo una seduta con una mia paziente, una mamma dal cuore addolorato, ho iniziato a riflettere sull’egoismo dei figli e sono arrivata alla conclusione che i genitori sono felici della felicità dei figli – a meno che non si tratti di genitori disturbati o narcisisti – ma i figli non sono felici della felicità dei genitori.
Quando un genitore diventa felice, o perché si separa e inizia una nuova relazione o perché ha il coraggio di cambiare vita, il figlio annaspa.
Sente che qualcosa cambia e non accetta che anche un genitore possa pensare a sé stesso.
Quando un genitore diventa coraggiosamente felice e inizia a pensare anche al proprio benessere – non che gli levi il pane di bocca o il tetto da sopra la testa ma nel caos e nella fatica del vivere si accorge di esserci anche lui -, dovrebbe essere un esempio per il figlio.
Un figlio che vede un genitore felice inizia a capire che la vita va vissuta e assaporata, che il tempo non va soltanto allungato ma anche allargato, che il benessere è qualcosa che ha a che fare col rispetto per sé stessi, i propri desideri e bisogni.
Eppure, questa cosa non accade: quando un genitore diventa felice, il figlio si disturba, si sente spodestato dal suo trono di principe consorte.
Quando un genitore si separa, per esempio, e inizia una nuova relazione il figlio, solitamente, si oppone.
Non vuole conoscere la nuova compagna del padre o il nuovo compagno della madre, non vuole trascorrere le festività con la nuova famiglia, non vuole accettare il nuovo fratello o la nuova sorella, insomma dice la sua nel peggiore dei modi possibili: rovinando la vita al genitore! Fa tutto quanto è in suo potere per consegnarlo al senso di colpa e al senso di inadeguatezza.
Gli ricorda, tra minacce velate, ricatti, manipolazioni affettive e silenzi punitivi, che prima di tutto è un genitore e poi una persona, e dà il meglio e il peggio di sé al tempo stesso.
Alcuni genitori reggono perché hanno le spalle un po’ più larghe e il fegato un po’ più in salute, altri soccombono sotto i duri colpi della manipolazione dei figli.
La felicità rimane un bene prezioso. Essere felici non è un lusso, ma un atto di coraggio.
In un mondo che ci chiede sempre di più, la felicità rimane la nostra ribellione più autentica.

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