Da innamorata della voce, della sua intonazione e vibrazione, non posso non essere attenta ai vari tipi di pronto.
Così, questa mattina, prima di iniziare a lavorare, in compagnia dei miei zoccoli preferiti e di tante orecchie lunghe, riflettevo sull’intonazione – e sull’intenzione – del pronto.
Quel pronto spesso distratto o frettoloso è in realtà una porta che si apre o che si chiude pur rispondendo. È un sì o un bel no alla connessione con l’altro.
Un invito a entrare nel nostro tempo, nel nostro spazio, nella nostra giornata.
A volte è un grido d’aiuto nascosto, altre volte è solo la voglia di sentire qualcuno di intimo dall’altra parte, per sentirsi a casa.
Ci sono vari modi di rispondere al telefono.
C’è chi risponde al telefono, fa una pausa o continua a parlare con altro da te, e poi dice pronto, come se volesse dire all’interlocutore che ha molto da fare e che con la tua telefonata ha
chiaramente interrotto le tante cose di cui si stava occupando.
C’è poi il pronto affettuoso, di chi ha la voce contenta, con il sorriso tra le lettere.
Si capisce subito che ha piacere che ci sia tu dall’altra parte della cornetta. Quel pronto ti fa sentire accolta, riconosciuta, importante.
C’è anche il pronto frettoloso, di chi va sempre di corsa e non ha tempo né per te né per nessun altro, probabilmente nemmeno per sé stesso.
Poi c’è il pronto amoreggiante: quello seduttivo e avvolgente.
Di chi gioca con il tono della sua voce, con l’intonazione e con la dizione. Quel tipo di pronto arriva in profondità, sotto pelle, ti avvolge con la sua vibrazione e ti schiude il cuore.
E poi, per finire, c’è il pronto algido, respingente.
Questo è un tipo di pronto di chi è costretto a risponderti, perché non può farne a meno anche se desidererebbe farne a meno, ma ti dice chiaramente con una sola parola – appunto “pronto” – che la tua telefonata è fuori posto, e che probabilmente anche tu sei fuori posto in quel momento.
Il pronto affettuoso e quello amareggiante sono sicuramente i miei preferiti.
Sono quelle telefonate che anche quando finiscono non finiscono, che ti rimangono addosso e dentro per tanto tempo, che ti scaldano quando c’è freddo e anche quando non ce n’è, che ti fanno sentire importante e preziosa, sensazioni ormai a rischio di estinzione.
Quindi, quando rispondiamo al cellulare e ovviamente sappiamo già chi c’è dall’altra parte, proviamo a riflettere su che tipo di sensazione vogliamo trasferire a chi ci telefona.
Scegliere con cura come dire qualcosa è importante quanto ciò che si dice. Dire pronto è essere disponibili, presenti, vivi, altrimenti si può sempre non rispondere.
Perché nel silenzio tra una parola e un silenzio, l’altro ci sente. E capisce.
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