Una madre infermiera. La compagna del figlio. Un’ascia. Una tavola non imbandita. Una presunta fuga per la Colombia. Una morte crudele.
Sono questi i protagonisti di un atroce delitto. Un ragazzo fatto a pezzi, ben nascosto in un bidone con dentro la calce.
E a ucciderlo sarebbero state due donne che avrebbero dovuto amarlo: sua madre e la compagna.
La madre era una donna che aveva sposato la cura come mestiere. Una caposala, tra l’altro molto stimata. Una donna che curava, accudiva, medicava, rammendava pelle e cuori.
Ma a quanto pare l’epilogo non è cambiato: ha fatto a pezzi suo figlio perché non aveva apparecchiato.
Una tavola non imbandita è stata il grimaldello emotivo che ha frantumato la sua psiche e le ha dato il coraggio di fare ciò che pensava da tempo: ucciderlo.
Uomini che uccidono le donne e madri che uccidono i figli. Ma cosa ci è successo? quando questo mondo si è infettato così tanto?
Viviamo in un’epoca in cui tutto è imploso. La famiglia non regge più ai duri colpi della vita.
Non è più un luogo sicuro dove vivere, anzi, talvolta è quello più a rischio di perdere la vita. La maternità, talvolta, sembra fare rima con mostruosità.
Figli lasciati in aeroporto, altri abusati, venduti, sacrificati, uccisi come ha fatto Medea.
I limiti vengono sempre più spostati, oltrepassati, negati. Tutto è diventato lecito. Si parla soltanto di diritti e mai di doveri, di rispetto, fatica, buona educazione, altruismo, sacrifici, impegno.
La caccia alla fama, al successo con scorciatoie varie ed eventuali, il demone del lusso che corrode le viscere di chi lo ospita e fa vendere l’anima al diavolo. La mancanza di valori tramandati e interiorizzati, e le morti efferate.
“Ho fatto una cosa mostruosa ma era necessaria”, dice la madre.
Lorena Venier, l’infermiera diventata macellaia, di Gemona (Udine) insieme alla tanto amata nuora, Mailyn Castro Monsalvo, cittadina colombiana, ha ucciso e fatto a pezzi il figlio Alessandro, di trentacinque anni.
Su questo ennesimo, drammatico atto di cronaca nera ci sarebbe tanto da scrivere e su cui riflettere.
La maternità che deraglia. L’amore che diventa odio. Il legame tossico tra la suocera e la nuora. Il disagio del figlio. Una morte figlia dei tempi dove tutto ciò che fa male si rimuove, si espelle, si fa a pezzi.
Per adesso mi fermo qui, ma tornerò a parlarne ancora e ancora.
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