È trascorso un anno. Un anno di albe e fatiche, di lavori ininterrotti e fieno.
Un anno di mal di schiena e panini mangiati al volo. Un anno senza sosta e senza riposo, senza domeniche e festivi, tessuto di istanti e ragli festosi o dolorosi, di ricordi preziosi e di marmellate di limoni e mandarini.
Un anno di baratto continuo con i vicini e di un affetto che non mi aspettavo di ricevere.
Non è una ricorrenza fatta di lustrini o fuochi d’artificio, di scintillii e tacchi, ma qualcosa di più profondo e intimo.
Al mattino, nell’odore della terra bagnata, nel respiro lento delle mie asine nella loro stalla-resort, nel silenzio che precede l’alba, si sente la vita che nasce. Quando tutto ancora dorme ho il privilegio di essere lì, con i miei animali, ad aspettare un nuovo giorno.
Ogni angolo del mio frutteto racconta una storia. Il vecchio fienile, usurato dal tempo e ristrutturato da me, ha visto bambini crescere e ospiti a me sconosciuti, tante mani lavorare e sogni nascere sotto il cielo terso siciliano alternato a improvvisi temporali.
Il mio frutteto, oggi verde e vivo più che mai, ricorda le stagioni che abbiamo trascorso insieme: l’estate arida, un incendio come battesimo del fuoco, la sua prima primavera in mia compagnia, generosa e rigogliosa, l’inverno lungo e sin troppo piovoso. Adesso siamo intimi: conosco ogni filo d’erba, ogni pietra, ogni muro a secco. Abbiamo parlato a lungo, ho raccontato loro le storie dei miei pazienti, i loro dolori, la mia cura. Abbiamo scritto insieme per i giornali e il mio sito. Ci siamo fatti compagnia attraversando mareggiate e climi ostili.
E poi ci sono le persone: chi c’era all’inizio e chi è arrivato dopo, chi non ha resistito, chi se n’è andato lasciando spazi che sono stati amorevolmente abitati da cuori luminosi e affettuosi, e chi rimane, sempre.
C’è stato e c’è Nico, che con la sua arte sapiente albanese lavora la pietra trasformandola in opere d’arte. C’è Gianluca, gentile e disponibile, che cura ogni pianta e tiene a bada quelle infestanti. C’è il signor Gabriele, le cui mani sono un prolungamento dei suoi ragionamenti: trova una soluzione a ogni intoppo, costruisce, sistema, ripara, sorride sempre. C’è stato Domenico, sempre disponile e presente. Grazie a lui, in un giorno di pioggia copiosa che non dimenticherò mai, ho finalmente avuto la tanto agognata luce, perché le mie infinite e-mail, pec, moduli e documenti si erano smarriti nei meandri di non si sa bene dove.
C’è mio papà, sempre, che anche se abita altrove e non c’è, in realtà c’è sempre.
E poi, c’è Manuela, la dolce Manuela, tanto amata da mamma Giacomina, da Lella con cui da qualche tempo hanno un dialogo muto fatto di baci e rituali, e Mimì che la considera una mamma umana e tra morsetti e coccole la segue come un segugio.
È grazie a tutti noi se oggi questa piccola porzione di mondo – il mio mondo dentro un altro mondo – respira ancora tanta vita.
Un anniversario in una fattoria, la mia, non è soltanto il conto degli anni ma un momento simbolico per fermarsi, guardare ciò che è stato costruito con pazienza e immensa ostinazione, e sentire che in questo pezzetto di mondo la vita continua a fiorire, giorno dopo giorno.
Tra fatica e gratitudine dico grazie soprattutto a me stessa per non avere smesso di faticare e di sperare che tutto potesse andare al suo posto.
Auguri ancora Fattoria, ti voglio veramente molto bene e so che anche tu, a modo tuo, me ne vuoi.
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