Non so perché, ma l’ultima domenica di agosto mi ha sempre fatto un po’ male e anche tanto bene.
Oggi mi sono svegliata presto, come sempre, forse più di sempre.
Nel mio piccolo paesino c’è la festa della Madonna, tra bande festose e rumorose, e fuochi d’artificio il sonno è sempre più chimerico.
Era chiaro che agosto stava terminando. La luce filtrava dalla finestra in quel modo dorato che ha solo la fine agosto.
Tutto era silenzioso, sospeso. Come se anche gli alberi, le strade di pietra del mio paese, gli animali sapessero che oggi è un giorno Caronte: di passaggio.
Ho fatto colazione lentamente, senza fretta, con le mie prime otto zampe della giornata e due occhi scuri, color lava dell’Etna, che mi guardavano in profondità.
Ho guardato fuori, cercando di imprimere nella memoria ogni dettaglio: gli alberi ancora verdissimi, le cicale che cantano senza sosta, quel cielo che sa ancora d’estate ma già sussurra all’autunno, gli odori, il silenzio.
Mi sono ritrovata a fare l’inventario di tutte le cose che ho fatto durante quest’estate e di quelle che avrei voluto fare e che non ho potuto.
Ripasso le risate, le serate infinite, anche troppo per me, la pelle scurita dal sole, anche quella è troppo per me, la tuta logora, i pantaloncini, il viso senza trucco, i momenti in cui tutto sembrava semplice, lento e vero.
L’aria è ancora calda, soprattutto in Sicilia, ma il sole ha già cominciato a cambiare luce: meno feroce, più ambrato, come se sapesse che sta per lasciare il posto a qualcosa di nuovo, di più clemente e discreto: settembre.
Non mi sento triste, no, provo una specie di nostalgia, come quando qualcosa di bello sta per finire e non lo hai assaporato a pieno e nel frattempo mi manca quello che ancora devo vivere.
Fine agosto e per me un ossimoro: un insieme di gioia e sconforto.
Mia figlia ripartirà per Milano o per chissà dove e avrei voluto condividere con lei più istanti di cuore e non di cose da fare. Avrei voluto ultimare un altro libro che ho nel cassetto, anzi nel cellulare, e nel cuore.
Dopo il secondo articolo e secondo caffè della mia domenica penso a quello che sta per arrivare: la routine, i nuovi inizi, le sfide inedite, il ritorno ai ritmi rassicuranti di sempre.
Una parte di me è pronta, l’altra vorrebbe solo restare qui, immobile, ancora un po’ di più, in quel limbo tra ieri e domani.
Oggi mi sento un po’ più fragile, ma anche piena di gratitudine.
Perché l’estate, con tutti i suoi eccessi e difetti, e la sua bellezza impolverata di sabbia e caos, mi ha regalato ancora una volta degli istanti da incastonare tra i ricordi più belli.
La cena da Pina, in riva al mare, a Gelso, Vulcano e la foto di mia figlia e me dentro una cornice con dietro il mare. Le nuove tettoie per ampliare la zona notte e la zona giorno della mia fattoria. Le melanzane buonissime. Le colazioni con tante parole e tanto affetto con la mia amica Corinne in fattoria, prima che torni a Lione. Le tante pizze sparse qua e là. Le camminate quotidiane e la scrittura quotidiana, lei non è mai andata in vacanza, anzi, mi ha fatto tanta compagnia, in vacanza.
Adesso ho veramente bisogno di ordine e di abitudini. Di meno luce, non piu così tanto abbagliante ma di quella luce morbida e avvolgente, sicuramente più clemente, e di rotte del cuore
L’ultima domenica di agosto per me è sempre stata così: un confine sottile tra ciò che è stato e ciò che sarà.
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