Look down generation: sguardo perenne verso lo smartphone, tra tvb ed emoticon

Look down generation

Uno studio pubblicato dall’azienda Deloitte afferma che il trentacinque per cento dei possessori di smartphone nel mondo controllano il proprio apparecchio entro i cinque minuti dal risveglio. Gli italiani, in particolare, hanno dichiarato di controllare il proprio cellulare fino a cinquanta volte al giorno. Questo cambiamento trova riscontro anche nella crescita esponenziale della messaggistica istantanea, superiore del cinquantatré per cento rispetto ai dati del 2013.

Sguardo perenne verso lo smartphone

Guardare il cielo è ormai diventato un miraggio. Attraversare la strada senza il rischio di venire travolti anche. Una chiacchierata guardandosi negli occhi, desueta. Avere le mani libere, senza il cellulare da controllare, un lontano ricordo.
Queste e altre cattive abitudini caratterizzano i nuovi comportamento giovanili: quei giovani non solo giovani detti per l’appunto “Look down generation“.

Capita sempre più frequentemente di vedere ragazzi con lo sguardo verso il basso illuminato dalla luce del loro inseparabile smartphone, totalmente avulsi dall’ambiente circostante ma “connessi” con il resto del mondo. Lo sguardo fagocitato dal cellulare, praticamente calamitato dal monitor e dai suoi possibili responsi: notifiche di Facebook ed email da dover leggere, chat a cui rispondere e foto da postare o da condividere, tutto tranne che il reale contatto con altri esseri umani.
Queste iper connessioni, che trattasi di connessioni lavorative, ludiche o amorose, alla lunga generano uno stato di stress psico/fisico importante, da non sottovalutare: disturbi d’ansia, tremori, nervosismo, distrazione e scarsa capacità di concentrazione, un linguaggio verbale sempre più povero e stringato – le emozioni tradotte in emotion – senza dimenticare l’inevitabile insonnia e la dipendenza da internet.

  • La vita reale con i suoi odori e i suoi dolori, con i suoi profumi e le sue note, dove è andata a finire?
  • Abbiamo traslocato le nostre esistenze, causa forza maggiore, dentro uno smartphone?

In Alabama, gli studenti dell’università di Stanford hanno rinunciato per un giorno intero ai social e allo smartphone. Il professore Hopkins, fautore di questa strategica costrizione, ha potuto notare che questi ragazzi avendo riscoperto il linguaggio del corpo, essendo inoltre molto più presenti a loro stessi erano diventati più bravi e più veloci nella risoluzione di molti problemi.
I ragazzi hanno dichiarato che si sentivano un po’ più “calmi” e soprattutto più liberi perché non obbligati a controllare di continuo il loro cellulare.

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Cellulare ed emozioni

  • Cosa cela questo spasmodico bisogno di connessioni perenni?
  • Perché questa overdose da social e da vita online?
  • Quale significato assume il rapporto con il cellulare?
  • Cosa compensa?
  • Cosa ci regala?
  • Emozioni? Vicinanza?
  • Ci consente di lavorare sempre?
  • Di avere tutto sotto controllo?
  • Forse lenisce la paura di restare soli quando, a tutti gli effetti, lo siamo già?

Gli adolescenti utilizzano il cellulare come strumento di difesa per affrontare le insicurezze nella comunicazione e le difficoltà di relazione, in realtà però non fanno altro che rinforzarle.
Il telefonino viene iper investito di altro, diventa il surrogato di un mancato incontro, il luogo virtuale per scambiarsi teneri messaggi seduttivi e d’amore, una supplenza affettiva e, per finire, uno status symbol da esibire.
I genitori, dal canto loro, consegnano precocemente i cellulari ai bambini per poterli controllare e soprattutto raggiungere ovunque, soprattutto se trattasi di genitori separati; trovano nel telefonino una risposta al loro bisogno di essere costantemente presenti nella vita dei propri figli.
Il cellulare diventa una sorta di “guinzaglio tematico”.

L’ultima invenzione: una app controlla app

Un italiano ha inventato un’app chiamata I don’t che misura il grado di dipendenza dalle app e dai social che dopo un breve test iniziale stabilisce il tempo consentito al proprietario dello smartphone per rimanere connesso, dopodiché giunti alla zona rossa di “pericolo dipendenza” blocca tutto e lascia solamente la possibilità di telefonare o di scrivere messaggi
Sembra veramente paradossale: un’app che controlla le app.

Stress e smartphone

Il cellulare, indubbiamente, ci ha cambiato la vita: ci consente di risolvere difficoltà lavorative senza dover rientrare a casa e accendere il nostro pc, ci consente di controllare i voti dei nostri figli sul registro online o sapere se non sono andati a scuola a nostra insaputa e ci fa raggiungere da chi amiamo.
Lo smartphone con le sue magie, alchimie e seduzioni può trasformarsi in uno strumento infernale capace di regalare gioie e dolori e inevitabili quote di stress e di ansia. Se mal utilizzato e tenuto sempre acceso diventa una porta d’ingresso al nostro mondo interno, emozionale e familiare in grado di invadere e compromettere tutto: dal sonno notturno al riposo pomeridiano alla lettura di un libro o alla visione di un film, sino a una corsa all’aria aperta o qualche lavoro dove la concentrazione diventa indispensabile.
Le sensazioni che ne derivano oscillano da tensione importante a stress cronico, sino ad arrivare ad inquietudine e irrequietezza.
Continuando così ci sarà il rischio di vedere le vecchiette che aiuteranno le adolescenti che chattano distrattamente ad attraversare la strada.
Una domenica con il cellulare spento può rappresentare una vera trasgressione.

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