Diamo l’acqua ai sogni o agli asini di Santorini?

La sua fama l’aveva preceduta.
Le mie navigazioni online per assaporarne le immagini prima di navigare davvero, mi avevano fatto approdare su quest’isola magica, stracolma di aspettative.
Ero finalmente a Santorini.
Mia figlia aveva sette anni e guardava il mondo con lo sguardo incantato di chi non ha pregiudizi, né filtri censori, e si emoziona per tutto.
Ed io insieme a lei.
I colori dell’isola erano talmente abbaglianti da obbligare i turisti ad assaporarli poco per volta.
L’azzurro del mare era talmente azzurro da diventare un tutt’uno con il cielo, terso e fiero.
La vegetazione talmente intensa da lasciare senza fiato.
Il cibo aveva un sapore intenso e profumato, ed i greci erano talmente ospitali come soltanto gli isolani sanno essere.
I sensi erano inebriati, tutti, ed il cuore accelerava ad ogni angolo.
Santorini era una vertigine, e non solo per l’altitudine.
Un’emozione ingravescente fino a quando non ho incrociato uno sguardo.
Il primo asino che mi è venuto incontro aveva lo sguardo liquoroso e languido, profondo e supplichevole.
Dentro quello sguardo c’erano mille emozioni ed altrettante silenti richieste d’aiuto.
La temperatura veleggiava intorno ai cinquanta gradi, e non c’era acqua che bastasse per farci sopravvivere.
Gli asini di Santorini, tanti, erano oberati di turisti obesi e goderecci che, noncuranti del loro essere, li utilizzavano per percorrere le stradine dell’isola marcatamente in salita facendo arricchire le tasche dei trafficanti del luogo.
Ricordo perfettamente lo sguardo incredulo di mia figlia che lasciava trasparire il bisogno urgente di intervenire per salvare quegli animali, e la mia vergogna per la gente del luogo.
Sembra che adesso la Grecia si sia svegliata dal torpore dei maltrattamenti e sembra anche che abbia, finalmente, preso qualche misura preventiva per proteggere queste povere anime.
Quando mia figlia era piccola, ogni sera, facevamo un gioco: davamo l’acqua ai sogni.
Un sogno ricorrente da innaffiare prima di andare a dormire era un mondo con tanti animali vivi – e non cotti alla brace -, felicemente nostri compagni di vita.
Adesso lei è cresciuta, ma il nostro sogno preferito rimane immutato.

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