Fidanzati e conviventi: figli di un Dio minore del decreto

Marito e moglie si. Fidanzati no. Amanti no. Conviventi no. Separati pentiti forse. I separati in casa, pur non essendo più degli affetti stabili, hanno la vita facile.
Secondo il governo, e soltanto per lui, una fede al dito rappresenta il lasciapassare per il cuore e il corpo dell’amato. Il legame di sangue o di ruolo diventa l’unico passaporto possibile per un incontro amoroso.
Serio, mediamente serio, ludico.
Secondo questo ennesimo decreto, esistono amori consentiti e amori vietati. Amori di serie A e altri di serie B, quelli che devono aspettare perché sprovvisti di un titolo riconosciuto dalla legge e quelli che potranno ricongiungersi perché ufficiali.
Il tutto senza una logica alcuna: né scientifica né sentimentale.
In realtà, dopo il tanto atteso quattro maggio, non cambia assolutamente nulla: occorre, infatti, un vincolo di sangue o legale (matrimonio) per poter riabbracciare il partner messo in pausa. I fidanzati, anche se seriamente impegnati e mossi dalle migliori intenzioni, rimangono ostaggio degli arresti domiciliari e dell’attendismo.
L’autocertificazione mutante rimane ancora parte integrante delle nostre vite e delle nostre borse, e i nostri spostamenti dovranno ancora avere il timbro della “comprovata” esigenza: lavorativa, di salute, ma non amorosa.
Il nuovo decreto ha smarrito dalle clausole di carcerazione i separati, coloro che hanno qualche ripensamento emotivo, i divorziati che vanno a trovare i figli e gli ex coniugi. Chissà se trattandosi di ex che magari si vogliono ancora bene e crescono i figli in sinergia senza sgambetti è concesso loro di incontrasi o si trasformano immediatamente in fuori legge?
Un adolescente che è stato obbediente e chiuso in casa, che ha studiato e studia online, e ha visto il suo fidanzato soltanto dentro un cellulare, forse, pur non essendo coniugato, avrebbe anche lui diritto a un incontro, a un bacio, a un saluto; uno di quelli che fa battere il cuore.
Le storielle passeggere e gli amori infedeli non avranno vita facile perché non rappresentano degli affetti stabili e tantomeno i famigerati “congiunti”, quindi, non appartengono a un affetto sdoganato dal decreto. Mi sono chiesta quale idea di famiglia e dell’amore abbia il presidente del Consiglio, e soprattutto cosa gli faccia credere che soltanto il contratto matrimoniale o di riconosciuta parentela corrisponda a un legame profondo.
Ci sono figli orfani di genitori vivi e genitori abbandonati da figli con lo stesso dna, coppie di fidanzati che si amano più di marito e moglie, amici più importanti di un fratello o una sorella, mariti che ammazzano le mogli e famiglie arcobaleno: senza contratti o patti.
Caro Presidente, coronavirus a parte, famiglia è dove abita il cuore. Non sempre sotto lo stesso tetto e non sempre i timbri giuridici corrispondono a quelli del cuore.

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