Account falsi, maschere e identità da indossare per l’occasione.
Leoni da tastiera, stupri verbali, insulti e insistenze telematiche.
Il web ha totalmente azzerato le distanze, stravolto il senso del pudore e infranto il buon gusto.
Tutti scrivono a tutti, con contenuti o senza, in italiano o con la sua brutta copia.
Non esiste più il ruolo, l’identità professionale, il concetto del “prossimo” è diventato chimerico.
I cellulari hanno trasformato i divieti in consensi, le buone maniere in beceri compromessi, il buon gusto ed il buon senso in un lontano ricordo.
E i siti altrui in una sorta di paese dei balocchi gratuito.
Il brivido più grande che percorre la schiena degli abitanti del web è dato dall’apparire.
Dal postare.
Dal condividere, più che dal fare.
Spesso il fare – qualunque esso sia – viene pensato ed attuato in funzione del dopo: postare e condividere con il plauso connivente dei like.
L’agorà virtuale funge da cassa di risonanza e indossa i panni del palcoscenico.
Il postare, commentare e condividere – anche e soprattutto i fatti e contenuti altrui – conferma l’identità e l’appartenenza al branco del fanatico da tastiera, e nutre – apparentemente – il suo narcisismo e la sua profonda fragilità.
Non parliamo soltanto di adolescenti. Purtroppo.
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