Lui la maltratta. Lo fa sempre. Lo fa tutte le volte. Lo fa per un nonnulla. Lo fa ogni volta di più. Poi ripara, a suo modo, ma torna a rifarlo. Lei soffre ma ha paura di perderlo e lo perdona. Lo fa tutte le volte e nel perdonarlo lo rinforza. Poi, grazie a un’amica, una mamma, una zia, un terapeuta, ha un sprazzo di consapevolezza o un eccesso di sofferenza e lo denuncia.
Va alla polizia con il cuore stracolmo di sofferenza e vergogna, si confessa e chiede aiuto. L’interrogatorio avviene più o meno con le stesse modalità: mille domande, segue la Santa inquisizione, frasi dalla dubbia interpretazione che per chi ha il cuore infranto diventano delle vere e proprie coltellate, e si conclude con una semplice denuncia.
Poi, finalmente, alla successiva aggressione, si approda a una qualche possibile restrizione: il compagno aggressivo e manipolativo viene avvertito e gli si dice di stare lontano dalla casa della sua (ex) donna.
Ma questo non basta. Perché lui continua, diventa predatorio, ancora più violento, perseverativo, lo fa ancora e ancora, finché la uccide. L’epilogo è sempre lo stesso: maltrattamenti, denuncia e morte postuma.
L’Italia è piena di delitti annunciati, delitti che si sarebbero potuti evitare. Madri che sarebbero potute rimanere con i loro figli. Donne che avrebbero potuto continuare ancora a respirare.
Non si tratta della caccia alle streghe e di vedere violenza dove c’è un semplice litigio, ma della concretizzazione della famosa frase “al lupo al lupo”, e quando il lupo decide di azzannare nessuno ascolta più la vittima predestinata e la donna muore.

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