Nel silenzio e in silenzio accadono tante cose: belle e intime, brutte e dolorose. Una di queste è la morte di un amore.
Senza parole le coppie muoiono, si sdruciscono lentamente sino a ritrovarsi dall’estraneo sapore. Si guardano, non si riconoscono. Sono diversi dall’immagine che ognuno di loro nel tempo aveva interiorizzato dell’altro. Uno dei due, solitamente, non si è evoluto, non è cambiato, è rimasto immobile e poi si è votato al mutismo, pensando che le parole fossero un inutile orpello della relazione.
L’altro ha avuto un passo più veloce, diverso, che ha sempre accompagnato con la verbalizzazione delle emozioni, dei desideri e dei bisogni.
Poi a un certo punto appare il silenzio. Come una presenza parlante fa capolino in quelle stanze lasciate vuote, da tempo disabitate.
Non ci sono urla né addii drammatici.
Solo stanze vuote, tanta solitudine e parole mai dette.
Un amore muto finisce piano, tra messaggi non inviati e nemmeno pensati, mani che non si cercano e sguardi che non si incontrano.
Nel silenzio, in silenzio, per colpa del silenzio, l’amore si spegne come una candela consumata.
Il dolore non dispensa nessuno: né il partner parlante né quello muto.
Il silenzio è un veleno potente, spesso senza antidoto. Si insinua sotto pelle sino a scorticarla del tutto. Consegna i partner alla solitudine più cocente: quella che si vive in coppia.
Conto di lui non si può lottare e nemmeno guarire, ma si può tentare di riesumare le parole dal dimenticatoio e usarle come semi rari e preziosi, prima che sia troppo tardi.
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