Nel mezzo del cammino della mia formazione, mentre cercavo di capire come funzionava e come non funzionava una coppia, mi sono imbattuta in un libro dalla copertina atipica, intitolato “La caffettiera del masochista”.
L’immagine rappresentava un paradosso; in realtà, la caffettiera in questione aveva il beccuccio, da cui sarebbe dovuto uscire il caffè bollente, dallo stesso lato del manico.
Il libro analizzava i più svariati casi nei quali ci si imbatte, almeno una volta nella vita: spingere una porta invece di tirarla, rinunciare a lavarsi le mani perché non è facile azionare il rubinetto, e altri paradossi della modernità.
Ieri mi trovavo in seduta con una nuova coppia e il primo elemento che mi è saltato agli occhi è stato il loro modo di comunicare, assolutamente disfunzionale, nonché causa del loro mali coniugali e sessuali.
Oltre ad interrompersi, a non ascoltarsi l’un l’altro e prevaricarsi di continuo, era davvero singolare il loro modo di raccontare gli eventi vissuti: due versioni del tutto diverse e divergenti della stessa realtà.
Durante la seduta, mi è tornata in mente “La caffettiera del masochista”, cosi, ho ribadito a me stessa l’importanza del saper comunicare.
Nel lavoro, tra amici o colleghi, e in amore.
Il dialogo, fatto di parole e silenzi, di ascolto ed empatia, di rispetto e scambio, non sempre caratterizza le coppie, o per lo meno, non tutte.
La comunicazione disfunzionale in una coppia funziona esattamente come la caffettiera del masochista, fa fuoriuscire il caffè bollente – le parole malsane – dallo stesso lato del manico.
Sono parole che si rivoltano contro il legittimo proprietario.
Un dialogo ambivalente o aggressivo, caratterizzato da parole che bruciano, che ustionano, che creano delle ferite che stentano a cicatrizzare, lascia un retrogusto amaro che condurrà per mano chi parla – e non viene compreso – al silenzio.
L’incompreso, prima o poi, smetterà di parlare.
Chi, invece, viene investito da parole mute o aggressive, scapperà a gambe levate dallo spazio del dialogo.
Quindi, finché c’è lite c’é speranza, ma di questo ve ne parlerò in seguito.
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