Lory Del Santo, il Grande Fratello e l’elaborazione del lutto

Sopravvivere a un figlio è una tragedia davvero inenarrabile.
Pensare di elaborare il lutto nella casa del grande fratello, anche.
Ognuno di noi elabora o non elabora, il lutto a modo proprio.
Chi piange e chi no, chi lo sposta o lo rimuove e chi lo attraversa, chi lo utilizza e lo esorcizza, chi scrive un libro per condividerlo e sentirlo di meno sulla propria pelle.
La condivisione del dolore, talvolta, diventa una sorta di strategia per depotenziarlo, un meccanismo di difesa della psiche; come se, una volta traferito in un altrove che si chiama libro, diventa altro rispetto al legittimo proprietario.
La negazione facendo altro – e non stiamo parlando di beneficienza, dell’adozione di un bambino o di un cane, di un viaggio sull’Himalaia, o dell’utilizzo della sublimazione dell’arte – ma del Grande Fratello, rappresenta una mancanza di rispetto per il dolore subito.
Come ben sappiamo, la mancanza di privacy e di libertà creano, come accade con i topi di laboratorio, reazioni e comportamenti sapientemente e strategicamente adoperati per incollare il telespettatore allo schermo.
Avviene tutto in tempo reale, tutto in TV, tutto a portata di tutti, nessuna emozione viene passata al vaglio della riservatezza o del pudore.
La strada verso il successo oscilla tra il postare e lo stare sotto i riflettori, in qualunque condizione fisica e psichica.
La scorsa edizione ci ha proposto la chirurgia plastica che tentava di sanare maldestramente un disagio psichico profondo – da curare e non emulare – le immancabili docce sexy, il solito suicidio assistito del buongusto.
Ed ecco la nuova proposta: la “Grande Fratello terapia” per un lutto atroce.
Non esiste più il pudore, la riservatezza, l’intimità, nemmeno quella con la propria tragedia del vivere.
Anche questo Grande Fratello sarà fautore di un assordante chiacchiericcio mediatico, tra libertini e conservatori.
Le liti saranno accese, importanti, enfatizzate da copiose lacrime e da grida, l’amore esploderà all’improvviso, e per di più, tra perfetti sconosciuti.
In questo circo di emozioni fatue ed estremizzate, il problema più grave, secondo me, non è stabilire in maniera manichea se è giusto o meno che l’attrice partecipi al programma, ma il messaggio che la sua presenza fa passare: l’assoluta mancanza di rispetto nei confronti del dolore.
Un dolore rimosso, spostato o negato tornerà con gli interessi, è solo questione di tempo.

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