Le emozioni latitano, il batticuore anche. I progetti si schiantano contro il muro delle prime difficoltà e della realtà. Ogni partner porta acqua al proprio mulino, e ignora quello altrui.
La pizza del sabato sera quando i bambini sono piccoli diventa il collante ufficiale che attesta la funzionalità della vita di coppia.
Il sottobosco psichico, le fantasie e la voglia di fantasticare ancora e ancora, e l’eros si sbiadiscono e si smarriscono nel tempo.
La sessualità si intiepidisce e diventa casalinga, domestica e addomesticata, con il rischio di germogliare altrove.
La folta schiera di coppie noiose e annoiate continua ad aumentare a dismisura.
La coppia che diventa famiglia – e la famiglia in cammino -, non è immune da derive e tentazioni, ma non esiste nessuna istruzione guidata o bugiardino amatoriale da poter consultare durante i momenti di difficoltà. Prima che sia troppo tardi.
La nascita del primo figlio è uno tsunami emozionale, una riorganizzazione dei tempi e degli spazi. Interni ed esterni.
Non tutte le coppie sopravvivano al difficile passaggio da due a tre, e il tre diventa un attentato al due.
L’adolescenza è un’altra tappa tumultuosa, tra ormoni e umori, tra cattivi umori e contrattazioni. Tra la dicotomica scissione tra il genitore buono e quello cattivo, il complice e il carabiniere, il despota e il compagno di giochi.
La coppia sposta il baricentro della propria esistenza dall’essere amanti all’essere genitori. Per sopravvivere alla mareggiata, chiamata adolescenza.
La sindrome del nido vuoto è l’ultimo atto drammaticamente complicato a cui la coppia che sopravvive è chiamata: lo spazio di una separazione.
Gli adolescenti vanno via di casa e lasciano un vuoto incolmabile. I genitori si ritrovano, tutt’un tratto, esclusivamente coppia.
Finalmente o sfortunatamente. Dovranno fare i conti con la calma piatta emozionale che ha caratterizzato gli ultimi decenni delle loro vite.
Dovranno imparare a emozionarsi ancora. Ad attingere al pozzo del sacro fuoco della passione, con la speranza che non si sia estinto.
A riorganizzare i loro tempi: interni ed esterni.
Dovranno riprendere a guardarsi negli occhi; a guardare in quegli occhi che nel frattempo sono stati incorniciati da rughe nuove.
Il possibile antidoto alla calma piatta è ritrovare la dimensione dell’io nel noi, e del noi senza smarrire l’io.
Imparare a innaffiare il gioco, l’ascolto, la cura e l’intimità. Quella vera, di cuore e di pelle.
Un buon matrimonio non si improvvisa. Non avviene per caso.
Non sopravvive da solo all’usura del tempo che passa.
Non avviene, si fa.

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