Non si può morire a ventitré mesi. L’amore contro le istituzioni

Si chiama Alfie Evans, lo chiamavano il
“Guerriero”, ma i veri guerrieri erano i suoi genitori.
Ha gli occhi neri come due ciliegie, è già pieno di tubi e di flebo, ed ha una malattia genetica rara.
Ci inchioda alle nostre coscienze e ci fa riflettere su un tema di cui non vorremmo mai occuparci: la morte.
È troppo piccolo per dover morire.
C’è chi dice che non è mai nato.
Chi dice che tanto non era vita, la sua.
Si riapre il dibattito su cosa si intenda per vita, per qualità di vita, per tenere in vita.
I giovani genitori sono sgomenti e vorrebbero aiutarlo, o almeno tentarci.
I medici inglesi si oppongono: la sua vita è diventata futile, vana, insomma, inutile. Bisogna staccare la spina.
La sua mamma che lo ha avuto nel cuore prima, in utero dopo, ed ancora dopo in braccio, muore di dolore insieme a lui.
La situazione peggiora, così, il tribunale inglese stabilisce che il piccolo Alfie Evans dovrà avere un tutore.
Un estraneo, super partis che stabilità per lui il bene ed il male, sostituendosi al volere del genitori, ritenuti non idonei a prendere decisioni adeguate.
Fermo restando che una malattia rara e degenerativa non si arresta.
Che una malattia che attacca e corrode il cervello non regredisce.
Che per adesso non ci sono cure.
Che i miracoli non sono scientificamente dimostrabili, e rari anche loro come la malattia del piccolo.
Mi chiedo, con quale diritto il Tribunale, praticamente un ente senza cuore e senza figli, si veste di autorità e decide al posto dei genitori?
Un genitore può sbagliare, ma ogni sbaglio è figlio di un gesto di amore estremo, e nessuno può amare più intensamente di chi ha dato la vita al proprio bambino, smettendo di vivere anche lui, quando il piccolo non ci sarà più.
Ieri notte alle due, il piccolo Guerriero ha smesso di vivere ed ha sollevato tutti dalle diatribe e dalle scelte.
“Veglio su di te, io sono il tuo guerriero”, cantava Marco Mengoni.
Penso che questo piccolo sarà un angelo custode per i suoi poveri genitori.

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2 Commenti. Nuovo commento

  • leggevo un articolo qualche giorno fa dove c’era scritto che, dopo averlo staccato dalle macchine, la madre gli ha praticato la respirazione bocca a bocca per una notte intera.
    Ogni giorno mi ritrovo ad assistere a scene di genitori che viaggiano in quattro su uno scooter rigorosamente tutti senza casco con a bordo bimbi di pochi mesi, madri che in auto viaggiano con i figli comodamente seduti (sporgendosi dal finestrino) sulle loro gambe nel sedile anteriore e senza cintura, perché altrimenti nel seggiolone piangono; bambini massacrati di botte perchè i genitori si sono separati e quel figlio è un filo che li lega ancora e che ricorda loro quanto adesso si odiano, magari somiglia anche al coniuge odiato e quindi un motivo in più per punirlo di essere nato, ecco, in tutti questi casi dove sono le istituzioni, gli”onnipotenti” giudici? perchè per questi bambini non decide nessuno mentre per questo piccolino hanno deciso tutti meno chi aveva il dovere e il diritto sacrosanto di farlo?
    Una donna può decidere se porre fine volontariamente alla vita del figlio (essere umano) durante la gravidanza forse perchè dei medici (gli stessi che hanno detto che il piccolino non poteva sopravvivere) dicono che il nascituro ha qualche anomalia cromosomica o malformazione e quindi anche al quinto mese di gravidanza, quando il bambino è tutto formato , la madre può decidere di togliergli la vita ma non può decidere se continuare a dagli la vita una volta essere nato, ma in che schifo di mondo viviamo?!

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    • Valeria Randone
      9 Maggio 2018 19:22

      Grazie, cara Manuela, per le Sue acute e profonde riflessioni, che condivido e pubblico subito.

      Rispondi

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