Pandemia non fa rima con empatia

Pensavamo, tutti, che ci avrebbe resi migliori. Più onesti. Più autentici. Che avremmo rivalutato l’essenziale. Gli affetti. Gli amori. I nonni. Il rispetto per la natura. Che ci saremmo resi conto del valore di un incontro, del contatto, dell’Altro.
E invece? Non è cambiato assolutamente nulla. Forse gli esseri umani non cambiano se non decidono di farlo, se i sintomi non spazzano via la qualità di vita. Se la vita non ci mette in ginocchio.
Durante questo anno sono successe tragedie immense e immensi stravolgimenti; e adesso che le vaccinazioni sembrano essere iniziate, con tutti gli intoppi e inciampi del caso, c’è chi sgomita e chi si intrufola millantando necessità e urgenza.
Molte persone, anche anziane e disabili, sono invisibili, altre mute. Altre candidate all’attendismo ad oltranza. Altre ancora rimangono in attesa di qualche buon cuore o di una rinuncia.
Nessuna giustizia e nessuna pena sembra intervenire per chi scavalca, per chi si finge in fin di vita, per chi è moglie o marito di un medico o, non si capisce bene il perché, di un amministrativo (che nulla ha a che vedere con i pazienti, nemmeno li vede; ma esclusivamente con le sue cartelle cliniche: ambiti molto doversi tra loro).
Alcune persone, misteriosamente e miracolosamente vaccinate, non appartengono né ai fragili né al personale sanitario. Altre sgomitano e scavalcano la fila.
Mia madre, donna anziana ma non ottantenne, dopo aver rispettato la legge, il suo turno, la sua fascia d’età, e dopo aver fatto la fila sotto il sole già cocente siciliano di aprile dalle ore tredici alle ore sedici e trenta, quando è arrivato il suo turno, i medici si sono resi conto che il vaccino era terminato. Si sono scusati per la disorganizzazione e le hanno gentilmente suggerito di prenotare nuovamente online per un nuovo appuntamento con il destino, sperando di avere Saturno a favore.
Questa pandemia che aveva – parlo al passato perché voglio essere ottimista – tutte le intenzioni di spazzarci via per sempre, non ci ha insegnato niente. Proprio niente.
Nemmeno ad avvertire sulla propria pelle la responsabilità di una dimenticanza.

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4 Commenti. Nuovo commento

  • Raffaele Pisani
    13 Aprile 2021 10:33

    Ma quando mai, gentile dott.ssa Randone, il Covid oltre la sua interminabile scia di morti, di sacrifici e rinunzie affrontati dai vivi, lascerà solo il ricordo delle bugie e delle lacrime di coccodrillo “piante” per i vecchi che se ne sono andati senza neppure il conforto di un parente.
    Per noi anziani sono state dette solo bugie. Noi vecchi, specie noi poveri e malati, continuiamo a restare tra gli “ultimi”, senza rispetto e senza aiuto. Tutte false le promesse fatte: l’unica corsia preferenziale per noi vecchi resta la strada per il Camposanto.
    Il Covid se ne andrà lasciando una umanità più cattiva, egoista, pusillanime e volgare!
    Raffaele Pisani

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  • Grazie di questa dolorosa e profonda riflessione, cara Valeria.
    Buon lavoro e sereni pensieri.
    Sempre e nonostante tutto!!!
    Festosa Primavera.
    Peppino

    Rispondi
  • Gentile Dr.ssa Randone,
    grazie per queste riflessioni che mettono al centro non solo l’anziano ma anche le percezioni corporee di tutte le classi d’età al tempo della pandemiacovid 19. Volevo dirle che io l’avverto questa responsabilità di una dimenticanza sulla mia pelle. Tutti i giorni e putroppo inmodo crescente. La pandemia non ci spazza via per sempre, o meglio, continuerà a farlo ovviamente epidemiologicamente parlando. Per chi resta però urge l’amaro compito di ritrovarsi come se corporeo e ritrovare e le proprie sensazioni corporee perdute così come le poteva percepire fino a due anni fa. Ce la faremo in questo compito o nuova sfida che ci vede tutti uguali nella fase post corona, vaccinati o meno, non ha importanza?

    Rispondi

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