Quanta verità possiamo sopportare?

La verità e il suo spazio interno dentro di noi incarna la concretizzazione di un rapporto complesso. Ambivalente, talvolta in costante crisi di coppia.
Come spesso accade, i peggiori nemici di noi stessi siamo noi stessi. Quando siamo stati cresciuti a pane e dovere, a Super Io e responsabilità, ascoltiamo il frastuono del senso di colpa e diventiamo onnivori di dovere e di cose da fare piuttosto che sentire.
Siamo duri. Colpevolizzanti. Poco affettuosi. Neghiamo, spostiamo altrove contenuti sgradevoli per la nostra psiche e il nostro cuore. Facciamo il giro largo della verità, circumnavigando con la zattera dei meccanismi di difesa la nostra psiche. E talvolta anneghiamo.
Così, mi sono chiesta, quanta verità siamo in grado di sopportare.
Quanto è giusto, durante il corso della nostra vita, forzare il rapporto con la verità? dire sempre tutta la verità? Agli altri e a noi stessi.
Il difficile rapporto con la verità ci cammina a fianco sin dalla nascita.
Cresciamo tentando di capire cosa sia giusto per noi e cosa non lo sia.
Quali scelte scolastiche effettuare, quali amici frequentare, quali amori.
Per non sbagliare, per non soffrire, per non deragliare. Per fare sempre la cosa giusta al momento giusto.
Quando ci ammaliamo, o peggio ancora quando si ammala qualcuno che amiamo, il rapporto con la verità diventa straziante, ambivalente, letale. Vogliamo proteggere lui e noi dal dolore, così iniziamo a sperare e a mentire. A mentire e a sperare. Fin quando smarriamo il confine tra ciò che è vero e ciò che non lo è, per proteggerci e per proteggere. Quando cresciamo un figlio, tendiamo a edulcorare la sua vita, anzi la verità sulla vita.
Lo proteggiamo, gli raccontiamo mezze verità per indoragli la pillola dell’esame di realtà. E andiamo avanti, tra confusione e sensi di colpa, tra ciò che è giusto e ciò che è vero, tra strappi e riparazioni. Talvolta rimaniamo ben incastrati tra bugie bianche e mezza verità.
Quando ci innamoriamo, il rapporto con la verità diventa l’apoteosi della confusione e del processo di idealizzazione: dell’amato e dell’amore.
Quando ci addentriamo nel territorio dell’amore, la verità diventa altro da noi. Non ci appartiene: non vediamo e non vogliamo vedere, altrimenti non potremmo amare.
Il terreno ci frana sotto i piedi; diventa il luogo dove testa e cuore non parlano la stessa lingua, e dove ciò che è vero per il cuore non lo è per la ragione, e viceversa.
È il tempio della mistificazione e della tolleranza, dell’arrendevole sottomissione e della paura dell’abbandono. Il luogo dove volutamente non vediamo la realtà, e quando un giorno si presenta a noi in tutto il suo splendore ci ammanetta a una scelta.
Così, quando ci fermiamo un attimo per i soliti bilanci di fine anno, tra ieri e il futuro, ci accorgiamo che abbiamo effettuato un cammino vuoto di verità ma pieno di emozioni.

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