Ieri sera ho invitato mia madre e mio nipote a cena da me, cosi, tra un’insalata e un panettone, riflettevo.
Ho rivisitato con la lente d’ingrandimento dei ricordi staccati dalla realtà il passato, e mi sono accorta di quanto io sia profondamente diversa dal modello che mi è stato proposto per crescere.
Peggiore, migliore, non so.
Ho avvertito il peso di incarnare la generazione di mezzo: tra mia madre e mia figlia.
Ho cercato di immaginare cosa prenderà da me mia figlia, e cosa no. E non mi sono data alcuna risposta.
Così, mi sono chiesta: quanto il modello di un genitore ti modella?
Chi cresce nel delirio ordinativo può propendere per una massiccia imitazione, o virare verso la possibilità di diventare un accumulatore seriale. E viceversa.
Chi cresce nel rigore, facendo lo slalom tra regole e divieti, può decidere di trasferirsi nella terra dell’abusivismo e della trasgressione; o aderire pedissequamente interiorizzando regole e divieti.
Chi cresce nel deserto affettivo, può mostrare i segni della fame d’amore e della dipendenza affettiva, ma può anche indossare i panni del gelo da cui proviene, farli propri e riproporli.
Chi cresce con dei genitori ingombranti, autorevoli, pensanti, può sentirsi schiacciato e scappare via verso modelli più clementi e raggiungibili.
Penso di aver capito che tutto ci modella, visibilmente o sotto traccia, ma il cammino da intraprendere rimane sempre e soltanto il nostro.
Un cammino fatto di prove ed errori.
Si soste e ripartenze. Di buche, di derive, di rotatorie e di strade impervie.
Di salite e di discese.
Nessuno di noi rimane orfano di modelli; e un modello, in un modo o in un altro, ci modella. Sempre.
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