Una lacrima è l’equivalente di un’emozione. Negata. Taciuta. Impellente o impetuosa. Che si strozza in gola o che decide di liquefarsi.
Ci sono le lacrime che straziano il cuore e il corpo. Quelle che consolano e quelle che non consolano. Quelle dopo le quali ci si sente meglio, in pace con se stessi. E quelle vane, come un’onda anomala della psiche, dopo le quali ci si sente peggio. Come quando si scenda da una barca con il mare in tempesta: ondeggianti.
Quelle che sgorgano senza chiedere il permesso, che non tacitano il dolore. Quelle che ritornano. Quelle che non passano. Quelle silenti, che prendono il posto delle parole.
Amore e lacrime è un connubio frequente.
Quell’amore che ci regala emozioni e pugni in pancia. Sogni e incubi.
Frasi d’amore e tormento. Quell’amore che passa dalle lacrime e che prosegue con le lacrime. Insomma, l’amore malato che fa ammalare.
E poi ci sono le lacrime in corsivo, quelle che preferisco.
Quelle che trasformano, che si trasformano, che ci traforammo. Perché la scrittura, come sempre e più di sempre, trasforma, cura, cicatrizza.
Regala emozioni e ordine: emozionale e mentale. Affinché le prossime lacrime possano essere di gioia. Esclusivamente.
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