Aforismi, frasi riciclate, frasi fatte e frasi altrui fatte proprie.
Immagini sensuali, provocatorie, ammiccanti ed esplicite.
Immagini rubate, sulle quali si mette il timbro della propria maternità.
Varie app, vari social, vari ed eventuali incontri.
C’è anche chi, mosso da un raptus famelico e incontrollabile, estrapola pezzi dei tuoi scritti e li posta a firma sua.
I ladri del web continuano indisturbati a mietere vittime prelevando informazioni altrui e spacciandole per proprie, scorporate del tutto della cornice di scientificità del legittimo proprietario.
I social hanno dato voce e un volto a tutti, noti e meno noti.
Seguono, ad account creato, parole, opere e omissioni. Senza tregua e senza sosta, nemmeno la domenica.
Chi scrive in italiano perfetto, piacevole e comprensibile da leggere.
Chi in italiano approssimativo, difficoltoso da tradurre.
Chi adopera immagini ed emoticon al posto delle parole, chi fastidiose abbreviazioni e abusa del tuo tempo per rendere meno conciso il suo lessico.
Abbondano i cuori e i fiori: i cuori allegri, pensierosi, sorridenti, e le cinquanta sfumature di emoticon.
Chi – popolazione in crescente aumento, non si sa bene perché – abbonda con i puntini di reticenza, lasciando intendere chissà cosa, nella speranza che l’altro, il depositario di così tanti puntini, metta i contenuti alla sua assenza di parole.
E quando l’interlocutore lo fa, il lettore si arrabbia, mettendo a questo punto i puntini sulle i.
Così, come scrive magistralmente Galimberti, i social sono diventati un “ruttatoio mediatico”.
Il luogo dell’altrove, apparentemente scollato dalla realtà, dove tutti scrivono e disquisiscono, attaccano, odiano e amano.
A modo loro.
Luogo nel quale si è smarrito del tutto il rispetto, la giusta distanza dal mondo dell’altro, l’educazione e il buonsenso.
Senza dimenticare il buongusto, che abita la terra dei cari estinti.
Assolutamente deceduto.
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