Chi uccide chi?
Un figlio uccide i genitori ed i fratelli e poi si toglie la vita.
Oppure, un genitore stermina la sua famiglia e poi si toglie la vita.
In realtà, non cambia molto, il risultato rimane invariato: un progetto suicidario traslato dalla fantasia alla realtà, e tante vite in meno.
Quali siano state le cause scatenanti di così tanto sconforto e di una così tale
tragedia, non sono ancora chiare.
A Rende, in provincia di Cosenza, un uomo di cinquantasette anni, Salvatore Giordano, è il protagonista di questa catastrofe.
Ed in fine, muore perché si spara – o viene sparato – in bocca.
La famiglia, solitamente, è un luogo dell’anima.
È un utero caldo nel quale rintanarsi durante i giri di boa dell’esistenza, le mareggiate, le derive.
Le soste e le ripartenze.
È un porto sicuro, dove tutti litigano con tutti, ma tutti proteggono tutti.
In un modo o nell’altro.
Si crede che li, proprio in casa, non possa mai succedere nulla, o almeno, nulla di grave.
Le tensioni ed i litigi appartengono alle dinamiche familiari, così come gli sgambetti, le gelosie e quegli strappi che, in fondo, aiutano a crescere.
La morte invece, dove abita l’amore, non viene mai contemplata.
Forse, nella mente e nel cuore di chi ha partorito ed attuato questa carneficina, albergava un ultimo gesto d’amore malato: “né con me né senza di me”.
Pensiero ricorrente che muove le fila di molti amori criminali.
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