Nel 2024 sono state uccise centouno donne. Esattamente una ogni tre giorni. La maggior parte di loro è stata uccisa dall’uomo che amava o da un familiare, a lei vicino.
Stiamo assistendo inermi a una deriva inarrestabile della misoginia.
I segnali ci sono tutti, ma la donna li attraversa con lo sguardo. Li ignora. Va avanti senza piegarsi. Un urlo segue uno schiaffo e poi un altro e un altro ancora.
Lividi e e percosse. Mal di pancia, insonnia e confusione mentale. 
Non è la prima volta che accade.
E quando accade una volta, accade ancora, e ancora un’altra volta.
Talvolta sino all’inverosimile e sino all’irreparabile.
Quella zona intima, l’anima, viene calpestata da chi una volta l’accarezzava con presunto amore.
Quel corpo, così tanto desiderato e abbracciato, diventa il palcoscenico di tanta violenza e altrettanti abusi.
La violenza sulle donne il più delle volte di presenta in maschera: sembra protezione e invece è bieco possesso.
Amore e violenza sono due parole che non dovrebbero stare nemmeno sullo stesso rigo. Amore e prevaricazione, nemmeno.
 Così come amore e abuso, amore e sudditanza psicologica, amore e morte.
 La violenza sulle donne è il segnale prodromico della possibile, imminente, uccisione.
Gli amori violenti, caratterizzati dalla presenza di quote di violenza sulle donne e nella coppia, sono sempre amori ambivalenti e conflittuali, mine da disinnescare prima che sia troppo tardi.

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