Come fai ad amare un po’? Si chiedeva Roland Barthes nel suo meraviglioso libro “Frammenti di un discorso amoroso”.
Che cosa vuol dire amare un po’? Amare ogni tanto? la stessa persona a intermittenza? un po’ un partner e un po’ un altro e un po’ sé stessi? un po’ serve a proteggersi dal tutto?
dal troppo? dall’esubero? In realtà sono domande, sotto mentite spoglie, che mi portano i pazienti in studio.
Molte persone lamentano paura della relazione, paura di spezzarsi sotto i duri colpi della passione e della paura dell’abbandono, paura di un eccesso di intimità. Insomma paura. Così un po’ diventa una sorta di strategia malsana per non amare tanto e bene.
Alcuni di loro, gli affamati d’amore, vivono nel regime del troppo o del non abbastanza. Affamati e avidi di pienezza, di tutto, di tempo e spazio, e di riempire vuoti e voragini interiori.
Hanno il terrore che tutto ciò che non sia totale diventi parsimonioso, quindi assolutamente non indispensabile, centellinabile e cestinabile.
Sarebbe bello in amore trovare la famigerata giusta distanza dal mondo dell’altro per evitare che un po’ diventi un freddo polare e troppo le fiamme dell’inferno.
Sarebbe bello fare diventare il legame d’amore quel luogo dove non ci siano bilanci, conteggi vari ed eventuali, da cui sia bandita la quantità a favore della qualità e del benessere.
Ma per fare tutto ciò bisogna stare bene con sé stessi, avere superato gli inciampi del passato, le zoppie del cuore. Non cercare compensazioni o riparazioni. Non confondere l’amato per uno psicologo amatoriale o un cerotto da applicare su tutte le ferite.
Quindi amare un po’ non significa amare ma proteggersi dall’amore.
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