L’intimità non sempre si fa abbraccio, talvolta diventa una manetta. Non tutte le forme di intimità sono sane e non tutte le persone riescono a vivere un’intimità sana. Esistono persone (personalità) malate, relazioni malate e intimità malate. L’intimità sana non è data dalla fusione totale di due partner ma tanto altro.
Un buon rapporto intimo si nutre di una buona dose di individualizzazione e di un’altrettanta dose di sicurezza (due fragilità non fanno una buona intimità!)
Questo bagaglio di sicurezza permette di poter entrare davvero in una relazione intima, profonda e non invasiva con l’altro.
In questa concezione meravigliosamente elitaria dell’intimità – l’amore richiede scelte esclusive e porte chiuse agli estranei – e la struttura di personalità di ogni partner gioca un ruolo determinante affinché avvenga. La flessibilità di una relazione intima dipende, infatti, sempre dall’equilibrio psichico di entrambi i partner.
Le personalità borderline, per esempio, vivono male il fatto che altre persone, anche amate, entrino nel loro territorio e che parti di sé possano far parte del patrimonio dell’altro. A ogni scambio e incontro si sentono impoveriti, derubati, depauperati.
Molti giovani psicotici vivono la loro prima crisi dissociativa proprio in coincidenza della prima esperienza sentimentale o sessuale. Non riescono a sopportare l’intensità e il calore di un incontro.
La storia di Barbara e la sua intimità a metà: tra pieno e vuoto
Barbara, nome di fantasia, ha trentasei anni, e può premettersi dei contatti umani rigidi, tiepidi e non troppo intimi. Ha paura del vuoto e anche del pieno. È reduce da una lunga psicoterapia che ha migliorato il suo comportamento e la sua qualità di vita ma non la sua sessualità e il controverso rapporto che Barbara ha con l’intimità.
È spesso depressa, inibita nella mimica delle emozioni, tende ad avere tutto sotto controllo. Ne ha bisogno per muoversi nel mondo.
Vive bene da sola pur soffrendo la solitudine. Ogni qualvolta una persona con cui instaura un legame affettivo o sessuale diventa intima, pur desiderandola, entra in crisi. Si scompagina. Ha paura. Si sente minacciata e oltraggiata.
Dentro di lei si scatenano emozioni contrastanti, ambivalenti, violente. Desidera restare e anche scappare. Dice cose che non pensa. Non sa essere dolce e affettuosa, spesso ferisce con le parole.
La sessualità ritardataria
Barbara sino ai 25 anni non ha mai avuto rapporti sessuali. È stata cresciuta a pane sensi di colpa. Ha frequentato scuole religiose e femminili sino al liceo. Quando si è iscritta all’università, il passaggio da un ambiente femminile protetto a un ambiente misto e variegato le ha fatto vivere degli attacchi di panico che non aveva mai provato prima. Il percorso verso l’accettazione della sua femminilità e fisicità è stato complicato e faticoso. Barbara non si è mai piaciuta, si è sempre considerata goffa e in sovrappeso, e ha sempre fatto di tutto per nascondersi all’interno di vestiti slabbrati e informi, che non lasciassero trasparire le sue forme di donna. Barbara non si è mai innamorata, pur desiderandolo, e ovviamente non ha mai avuto dei rapporti sessuali. Aveva il terrore di amare e di essere amata.
Il primo rapporto sessuale che finalmente è riuscita a concedersi è stato violento e le ha lasciato una grande paura addosso e dentro. Non è riuscita a dosare il desiderio con la paura. Ha fatto vincere il primo a scapito della seconda. Non si è ascoltata e si è abbandonata a un partner violento ma non intimo. Probabilmente, a livello inconscio, ha considerato la violenza meno destabilizzante della reale intimità.
La sua prima esperienza è stata totalmente traumatizzante.
Forse avrebbe prima dovuto curare le ferite del suo cuore per potersi poi aprirsi all’altro senza rischi e traumi.
Vivere per l’altro, vivere per sé, vivere con l’altro
Vivere per l’altro, vivere per sé stessi e vivere con l’altro sono ambiti apparentemente simili ma decisamente differenti. Chi vive perennemente per l’altro è un dipendente affettivo, un affamato d’amore (che però non digerisce e nemmeno ingerisce nessun nutrimento). Chi vive esclusivamente per sé ha paura dell’altro e della relazione ed è spesso sbilanciato verso un egoismo ed egocentrismo di tipo difensivo.
Chi vive con l’altro ha interiorizzato buoni modelli, ha avuto un’infanzia stabile e serena – o l’ha elaborata e riparata -, non usa il partner come stampella, Caronte, come psicologo amatoriale e gratuito, ma lo vive e lo ama per quello che è.
Vivere con un partner che ha paura dell’intimità
Mi capita molto spesso di ricevere in studio alcune donne che vivono con uomini che non sanno amare (può capitare anche il contrario, ma in percentuale maggiore la paura dell’intimità è legata al sesso maschile). Sono donne devastate dalla deprivazione. Affamate di tutto: di baci, di carezze, e soprattutto di parole. Sono donne che iniziano a mettere in discussione la loro femminilità e anche identità; che si sentono invisibili e trascurate e che primo poi corrono il rischio di agire un tradimento. Vivere con un partner, uomo o donna che sia, che non sa amare, che ha paura dell’intimità e dell’affettività è un percorso irto di ostacoli.
Le reazioni alla mancanza di intimità all’interno di un rapporto di coppia sono diverse e dipendono dalla struttura di personalità di ogni protagonista del legame.
C’è chi non si rassegna, chi strepita e chi tenta di trasportare il partner in terapia nel tentativo di chiedere aiuto. C’è chi compensa in altro modo, sublimando e spostando su attività che diventano una sorta di intimità sostitutiva che nulla hanno a che vedere con la coppia. E c’è chi si abitua, tristemente.
La paura della fusione, il bisogno della fusione
In fondo, l’intimità è la capacità di condividere sensazioni sentimenti e idee con un partner, senza bisogno di essere invasi dal partner e talvolta mantenendo i propri valori e gli ideali. Ogni partner ha una sua vita pregressa, una storia emotiva e familiare, delle abitudini particolari, talvolta dissimili da quelle dell’altro. Porta in dote all’interno del rapporto pensieri, desideri e fantasie. Affinché la coppia diventi una coppia adulta e longeva, e avvenga il passaggio dall’innamoramento all’amore è indispensabile che ci sia una comunicazione e una condivisione rispettosa di tutti questi piani. L’approdo finale di questo percorso è senza dubbio l’intimità, la comunicazione profonda fatta di cuore, di parole e d’ascolto, e la conoscenza profonda dell’altro e di sé stessi in funzione dell’altro.
Per vivere una buona intimità, che non sia destabilizzante o fagocitante, bisogna avere un buon rapporto con sé stessi e con l’altro ed abitare quella zona franca chiamata giusta distanza dal mondo dell’altro.
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La giusta distanza in amore è difficile da ottenere e anche da mantenere. Se due partner sono troppo distanti sentono freddo, se sono troppo vicino gli manca l’aria, diventano asfittici, parassitari, prosciuganti di energie psichiche altrui.
La giusta distanza è quel un luogo da abitare, ben nutrito da un faticoso equilibrio tra fusione e separazione, dove nessuno domina nessun altro e nessuno abbandona nessun altro.
È l’unica strategia vincente per far sopravvivere un legame all’usura del tempo e della noia. Nei casi in cui non si sapesse dove trovare quel luogo chiedere aiuto a un professionista che aggiusta cuori per professione.