“Mia figlia vi ha raccontato dei fatti non veri, era sotto l’effetto di sostanza alcoliche e quindi non era in grado di capire quanto accaduto”. Con queste parole, recatosi dai carabinieri, un padre (ebbene sì, un padre) ha difeso in maniera non comprensibile i violentatori della figlia. Avviene in Sicilia, nella mia terra, e io rimango pietrificata.
La ragazza di Campobello di Mazara è stata attirata in una vera e propria trappola da un gruppo di ragazzi, pseudo amici. Le hanno fatto credere che si stesse tenendo una piccola festa per portarla in quell’abitazione: una delle tante case degli orrori.
In realtà non si trattava di una festa e non c’erano altri abitanti se non i violentatori e la ragazza, a cui hanno poi fatto la festa.
Lei era l’unica ragazza, due dei ragazzi hanno abusato di lei, mentre altri tre guardavano compiaciuti e ridevano di gusto.
Il giorno dopo la ragazza (bravissima e coraggiosa, direi) si è recata in caserma per denunciare i fatti, poche ore più tardi è arrivato il padre per difendere i mostri. Indifendibili.
“Lei era ubriaca” (e se anche fosse?) significa “ho, anzi hanno, abusato di una donna in uno stato alterato e obnubilato di coscienza” non significa “la colpa è sua, se l’è cercata!”
Una persona – donna o uomo che sia, ancor di più se di tratta di un minorenne o di un invalido – se ubriaca va accompagnata in bagno a vomitare e poi riaccompagnata a casa; non stuprata, filmata, condivisa, e così via.
Un padre che non difende una figlia, che non offende gli aguzzini, che empatizza con i mostri, stupratori, maschi beceri, stupra di più dello stupro avvenuto.
Da donna, madre e clinico sono profondamente addolorata e veramente preoccupata.
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