Ho immaginato di prestare la mia penna a Camilla, nome di fantasia, cresciuta tra affanni e inciampi dalla sua mamma bambina.
Cara mamma bambina,
io ti perdono e ti ringrazio. Sei stata mamma e figlia. Sorella e nonna. Anziana e piccola. Sempre nello stesso momento.
Mi hai confusa e ancorata. Disorientata e aperto squarci altrimenti inesplorabili.
Ricordo quando cucinavi la pasta ed era sempre troppo cruda o troppo cotta. Quando hai buttato la pentola perché irreversibilmente bruciata. Quando mi dimenticavi a scuola. Ricordo il mio panico, le mie lacrime, l’abbandono appiccicato addosso.
Quando mi hai smarrita alle giostre. Quando dimenticavi di svegliarmi e svegliarti per portarmi a scuola e a scuola si arrabbiavano con me mentre io proteggevo te.
Ricordo quando eri talmente ubriaca da aver dormito sul tappetino del bagno e io ti vegliavo per l’intera notte seduta sul gabinetto.
Quando abbiamo cenato con patatine e pizza e pizza e patatine sino a stare male e abbiamo vomitato e riso per l’intera notte.
Ricordo quando ti scordavi le mie recite e arrivavi a scuola il giorno dopo, la settimana successiva, mai.
Ricordo quello che immagino fosse mio padre andare via sbattendo la porta, ubriaco e barcollante, e ricordo i tuoi singhiozzi.
E poi non scorderò mai la nonna, tua madre, che in fondo è stata anche un po’ la mia. Le sue minestre calde quando avevamo il cuore al freddo. La sua luce quando eravamo al buio. Il suo rassettare la nostra casa quando il delirio diventava normalità. Non posso scordare niente, anche adesso che sono grande e che sono mamma.
Per tutto questo, cara mamma, ti perdono e ti ringrazio perché tu eri così: la mia mamma-bambina.
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