Lasciate ogni cellulare voi che entrate

Il preside di un liceo di Bologna invita, anzi obbliga, ad abbandonare il cellulare all’ingresso della scuola prima di entrare. Consegna devastante per i dipendenti, i compulsivi, i fragili, gli insicuri, i soli, i solitari, gli studenti, gli insegnanti.
Provo a identificarmi nel preside, nei ragazzi, negli insegnanti e nel cellulare abbandonato.
Il cellulare viene considerato il male oscuro dei nostri giorni. Il nemico. Il diavolo tentatore. Colui (perché ha ormai una sua identità chiara quasi umana) che ci distrae dal mondo e dagli esseri umani. Il mostro da consegnare quando si entra a scuola, o in carcere, e da riprendere all’uscita, alla liberazione.
Il preside, immagino, sia stato mosso dalle migliori intenzioni – probabilmente verrà applaudito dai genitori e forse dagli insegnanti, anche loro depredati dei loro cellulari -, ma come tutte le imposizioni odora di costrizione che fa rima con frustrazione.
I ragazzi, e in fondo in modalità più contenute anche noi adulti, usano il cellulare per stare in contatto, per studiare e condividere, per taggare gli amici e i partner amorosi e lavoratovi, per giocare o amoreggiare, e per tanto altro.
Non sono così certa che una deprivazione forzata e forzosa porti effetti magici e miracolistici, ma una sospensione dalla vita.
Forse sarebbe più utile canalizzare l’utilizzo del male supremo, regolamentarne l’uso e non l’abuso e lasciare liberi i ragazzi di usarlo almeno durante l’ora d’aria: la ricreazione.

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