La terapia sessuologica online: dal divano alla scrivania al cellulare alla macchina

Terapia sessuologica on line

La terapia sessuologica è quel percorso di cura che la coppia come paziente o il paziente single (o solo) intraprende per risolvere il suo disagio del corpo e del cuore e tornare ad amare con serenità e gioia. Il Covid non ha messo in quarantena i disagi psichici, anzi, ne ha amplificati alcuni, slatentizzati altri, e dispensati altri ancora angoscia-correlati.

Da quando la pandemia impazza, il nostro modus operandi lavorativo, senza preavviso, è stato stravolto e traferito online; adesso, che abbiamo riaperto gli studi la modalità da remoto continua a far parte delle nostre vite, coesiste con le pareti dei nostri studi e il lavoro occhi negli occhi. Adesso siamo nelle condizioni di poter scegliere come e dove lavorare, in funzione delle più intime necessità – non resistenze – dei pazienti. È mia abitudine quando vengo contattata per una consulenza da svolgere esclusivamente online chiedere le motivazioni di questa richiesta. Chi mi dice per la distanza dai miei studi, chi per problematiche lavorative o di spostamento e chi, invece, non ha voglia di venire in studio. In quest’ultimo caso non accetto la richiesta del paziente perché significherebbe aderire a un inizio non voluto che non lascia presagire nulla di buono.

Per poter lavorare con la psiche, de visu oppure online, è indispensabile rispettare alcune regole ferree; una di queste è la creazione di un setting lavorativo adeguato.
Il setting terapeutico è quel luogo fisico (lo studio del professionista) e mentale (la psiche a lavoro del professionista) deputato ad accogliere il paziente con il suo carico di sofferenze e disagi.
To set, in inglese, significa disporre. Nel mio studio, oltre alla mia mente e cuore a lavoro, amo mettere piante o fiori, luci adeguate – non troppo fioche né troppo abbaglianti -, un profuma ambiente, i tappeti che sanno di casa. Il risultato finale è la realizzazione di un ambiente riservato e tutelante: per i miei pazienti e me stessa a lavoro. Il paziente mi consegna le chiavi di casa della sua psiche, le sue emozioni e paure; i disagi del cuore e quelli esistenziali. Entra in studio e trova un professionista empatico e accogliente, in totale assenza di giudizio e pregiudizio, deve sentirsi sempre a suo agio. Il setting è fisico, e anche e soprattutto un setting emotivo.

L’avvento del Covid nelle nostre vite ci ha costretti a traslocare il setting, ad occupare senza possibilità di fare altro un setting virtuale.

Il setting virtuale, caratteristiche e limiti

La terapia online, che si tratti di una consulenza psicologica o sessuologica, una psicoterapia o una terapia di coppia, deve seguire le stesse regole della terapia de visu, che si svolge in studio.
Il paziente non può disdire all’improvviso ma con un largo preavviso, deve pagare la parcella, esattamente come farebbe in studio, il tempo a disposizione per la seduta online è sempre lo stesso – non va dilatato o costretto in funzione delle necessità in itinere -, deve essere puntualissimo.

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La consulenza o terapia online non va confusa con una chat confidenziale, di tipo amicale. Il mezzo utilizzato, che si tratti di Skype, Zoom, Whatsapp o altro, non va utilizzato anche dopo lo spazio programmato e condiviso. Va immaginato come se fosse la stanza dello studio del terapeuta, quando termina lo spazio-tempo della terapia non può più essere abitato.
Per poter lavorare online diventa inoltre indispensabile, per terapeuta e paziente o coppia, creare una stanza riservata, chiusa, con un luminosità adeguata, senza il telefono di casa che squilla, il postino che citofona, un figlio che ha un problema immediato da risolvere, un partner o un genitore che origlia.

È mia abitudine raccomandare ai pazienti la “cura” dello spazio terapeutico. Il paziente non esce di casa, si veste in maniera adeguata, parcheggia presso i nostri studi, fruisce della seduta e va via, quindi la responsabilità dello studio è soltanto nostra.

Il luogo di cura, quando si lavora online, non è più una responsabilità di esclusiva competenza del clinico, nella terra dell’etere, le responsabilità vanno suddivise in egual misura. Se il paziente non trova un luogo adatto alla seduta e il terapeuta, invece, si trova nel suo studio, la consulenza o la terapia non può avere inizio.

Quello che cambia non è il contenuto, ma il luogo virtuale da condividere e il canale che viene utilizzato con tutte le difficoltà mezzo-informatico correlato. La rete cade, c’è un fruscio di fondo, arriva un messaggio e la linea trema, un bambino interrompe la seduta, un genitore chiama.

La terapia camaleontica. La terapia entra in casa e la casa in terapia

Grazie a queste nuove forme di terapia, la terapia entra in casa e la casa entra in terapia. I pazienti che accettano di aprire le porte di casa e del loro cuore alle terapie a distanza fanno entrare il clinico nel loro privato, e il loro privato in terapia.
Da quando lavoro online sono stata accolta in soggiorno, negli studi di casa e in cucine calorose e avvolgenti, finanche in macchina pur di ritagliare uno scampolo di intimità da destinare alla consulenza.
Ho avuto in seduta dolcissimi animali domestici e tisane calde che profumano di intimità e spazio per sé stessi.

Un aspetto determinante, assolutamente indispensabile, sul quale non si può soprassedere o glissare, è il setting del clinico. La nostra stanza “deve” essere perfettamente isolata, senza intrusi e intrusioni. Nel silenzio più totale. La comunicazione deve avvenire con le cuffiette, per evitare che anche una semplice parola, suono o lacrima possa disperdersi o essere spiata da orecchie indiscrete.

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Il ritorno in studio. Quando il paziente o la coppia torna in studio

Alcuni pazienti non accettano le terapie online, hanno paura delle nuove tecnologie, non si sentono a loro agio dentro un computer, o semplicemente non lo sanno usare e non possono o vogliono chiedere ai figli o ai nipoti. Temono che le loro emozioni e segreti possano andare smarrite o venire trafugate da occhi indiscreti, e che i loro contenuti possano rimanere in eterno nell’etere.
Temono spionaggi emotivi o rapine di identità e contenuti.
Altri pazienti non hanno materialmente un luogo tranquillo dove stare. Hanno case piccole o sin troppo affollate e lo spazio-tempo da dedicare con pienezza alla seduta o alla consulenza può non essere adeguato. Le difficoltà vanno analizzate paziente per paziente, talvolta si tratta di difficoltà concrete, altre volte di resistenze alla terapia, di alibi dell’inconscio.

Questo nuovo setting virtuale non è immune da fatica. La fatica (almeno per me) è stata, ed è, davvero immensa. Mi manca il poter scrivere, fare i miei soliti schemi che rinforzano i concetti espressi, le micro-espressioni impercettibili e i sospiri.
La terapia online non è meno valida, ma semplicemente più faticosa.
Le emozioni non vanno smarrite, i contenuti nemmeno, ma il livello di attenzione per mantenere un buon livello di empatia, costante e profondo, deve essere raddoppiato se non quintuplicato.

Dopo la prima quarantena siamo timidamente tornati in studio. I pazienti che avevano scelto una pausa dalle sedute sono poi tornati in studio; unitamente ai nuovi pazienti.
Causa Covid, ho dovuto modificare lo studio, mio malgrado. Ho preferito non mettere il plexiglass, mi sembrava algido e fuori luogo. Ho spostato le poltrone dei pazienti e la mia, e il tappeto, per evitare che goccioline anomale possano disturbarci, e ho messo a disposizione dei pazienti disinfettanti, carta e mascherine.

Mantenere una distanza di corpo ma non di cuore ci consente di non avere barriere quando siamo seduti l’uno di fronte all’altro, e ci regala la libertà di guardarci e sentirci bene.

Spezzone di una consulenza

Augusto e Federica: una coppia bianca in quarantena

Augusto e Federica mi consultano in piena pandemia, in preda a un SOS del cuore e del corpo. Chiusi in casa hanno finalmente preso coscienza delle loro difficoltà sessuali. Sono sposati da cinque anni e non riescono ad avere rapporti sessuali.
In realtà, si tratta di una coppia bianca, perché non hanno mai consumato il loro matrimonio. Federica viene colta da un attacco acuto di paura e inizia a spingere lontano da sé suo marito Augusto, lo spinge con le mani e anche con i piedi, sino ad arrampicarsi sulla testiera del letto.
Augusto, che si definisce in sede di prima consulenza sin troppo paziente, è sin troppo accondiscendente: accetta il rifiuto e non insiste. Ingoia il rifiuto, si gira dall’altra parte del letto, spesso piange. Le lacrime si fanno litigio e recriminazione. La loro coppia inizia a scricchiolare. La coppia, tra l’altro, vive a Brescia, zona rossa impregnata di ansie, paure e genitori a rischio di vita.
Nonostante l’angoscia mi contattano e decidiamo di programmare una consulenza online per effettuare una diagnosi e stabilire come procedere.
Era marzo, eravamo tutti chiusi in casa. Effettuiamo la prima consulenza di coppia, proseguiamo con i due colloqui individuali dai quali emerge un nucleo fobico, presente nella vita psichica di Federica e altrettanto presente nella vita psichica di Augusto. (In passato nessuno dei due coniugi ha mai avuto un rapporto sessuale.) Adducono questo ritardo della vita amorosa a scelte religiose: sono stati cresciuti entrambi a pane e sensi di colpa, e pensano di aver scelto in maniera consapevole e volontaria la verginità ad oltranza. Sperano nella magia da fede al dito che tutto sana, ma non funziona. A matrimonio consacrato, la loro condizione di vergini adulti non cambia. Toccano con mano le loro ansie e difficoltà, ma continuano nell’immobilismo della loro vita sessuale, sino al nostro incontro, in piena pandemia.
La pandemia li ha costretti a rimanere a lungo sotto lo stesso tetto, non sono più costretti ad uscire, ad allontanarsi per lavoro, a partire, a dormire in differita temporale causa turni lavorativi e stanchezza.
Lo smart working li costringe a rimanere in casa e li inchioda al muro della loro problematica sessuologica.
Federica ha un vaginismo caratterizzato da uno spasmo involontario dei muscoli che stanno all’ingresso della vagina che impedisce ogni forma di penetrazione, fomentato e tenuto in vita da un’educazione rigida e sessuofobica e da un nucleo fobico ben strutturato. Augusto è terrorizzato dall’idea di poter avere un primo rapporto sessuale e da una paura profonda e angosciante della penetrazione.
La coppia di sposi decide di fare un regalo al loro matrimonio, si mettono in discussione nella speranza di guarire dal loro male del cuore e del corpo.
Iniziamo una terapia sessuologica online: la prima per loro e la prima per me. Proseguiamo con grande empatia e pazienza, e nonostante la distanza geografica ci sentiamo estremamente vicini di cuore.
Andiamo in pausa durante le vacanze estive (ma loro non vanno in pausa dalla terapia), e ci ritroviamo a settembre.
La terapia si è conclusa da qualche mese, la coppia ha finalmente dei rapporti sessuali senza alcun problema; adesso Federica aspetta il suo primo bambino.
Ho postato sulla mia pagina Facebook il messaggio di ringraziamento che mi ha scaldato il cuore.

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