Lenzuola condivise e amplessi in differita

Vi racconterò una storia: la storia di un letto condiviso. Per amore o per errore.

Era inverno, e lo era anche del cuore. Lui si chiama Francesco (nome di fantasia), lavoratore stacanovista cresciuto a pane, amore e sensi di colpa. Aveva un passato affettivo zoppicante nutrito da un presente lavorativo luminoso. Era un avvocato dedito al duro lavoro. Affascinante, colto, ipersensibile, con delle parti psichiche femminili ben sviluppate, ben adoperate e ben canalizzate.
Lei si chiama Lidia (nome di fantasia), una giovane e scalpitante aspirante avvocato. Immune al coinvolgimento e alla progettualità. Simpatica, brava, lavoratrice. E anche molto bella. Bellezza ben adoperata e ben canalizzata.
Anche lei ha un passato affettivo zoppicante con delle voragini d’infanzia che però, al contrario di lui, ha maldestramente rattoppato con relazioni-cerotti del cuore, non relazioni, uomini, amanti.
L’altra – venuta dopo, ma non troppo dopo; di quei dopo che si mischiano al prima e che non hanno contorni e confini chiari ma sfumati, confusi e confondenti – si chiama Ludovica (nome di fantasia).
Medico per passione e per dedizione. Innamorata perdutamente del suo lavoro, non lascia molto spazio alla vita affettiva tacitando la sua fame d’amore. Il lavoro le regala quell’adrenalina, quel brivido sulla schiena senza quel pugno in pancia; l’appaga e le sta benissimo così.
E poi c’è lui: il letto.
Il palcoscenico e al tempo stesso contenitore di emozioni e avventure. Di intimità e amplessi. Di tutti i protagonisti di questa storia del cuore e del corpo, anzi dei corpi.
La relazione tra Francesco e Lidia si è consumata in fretta, la sessualità e l’amore che pensava di provare sono stati interrotti da un ripensamento da parte di lei, e lui, con la sua dolcezza e fermezza, soffrendo, ha tirato i remi in barca. E ha ripreso ad abitare la navigazione solitaria della solitudine del cuore. Le sue parti psichiche femminili unitamente alle altre meravigliosamente riparative gli hanno consentito di continuare a lavorare con Lidia a lungo.
Con lei condivide chat lavorative – anche il lavoro può essere erotizzato e può contenere emozioni e cura -, atti giudiziari e processi. Successi lavoratovi e batoste: travolti da un’insolito e comune destino. Lei, Lidia, ad abbandono consumato ha iniziato ad amare altrove.
Subito dopo – in quel dopo confuso dove il cuore è ancora in bilico e cerca di fare il funambolo tra un passato erotico e amoroso nel quale ha creduto e un presente commutato in amicale per non perdere tutto, lavoro incluso – appare nella sua vita Ludovica.
Ludovica è una donna complicata, intransigente e anche molto esigente che non ama le menzogne del cuore, le parole vacue, le bugie bianche, le omissioni, le mille gradazioni del vivere, e che in fondo vive malissimo. Lei ama il bianco o il nero, passando dal rosso, la lealtà anche se dolorosa, il tutto o il niente, l’amore straziante e passionale o la solitudine a tempo indeterminato. Ama chi resta e non chi scappa. Ama le ultime volte più delle prime. Le parole vere, quelle la cui musicalità accarezza i luoghi più profondi e inesplorati del cuore.
Iniziano ad amarsi, ma Ludovica è gelosa, soffre di quella maledetta gelosia retrospettiva. Non è gelosa di tutte le donne di Francesco, ma di una sola: Lidia. Perché, in fondo, Lidia è ancora presente, non è un fantasma del passato, non è una ex, ma è una collega viva e vegeta, parlante e collaborante.
Lidia rimane presente, ama altrove, ma condivide con lui quel lavoro così tanto investito di amore, dedizione e cure. Nell’immaginario di Ludovica sono rimasti famiglia, come quei coniugi che scelgono di vivere da separati in casa per accudire i figli e le cose condivise mentre amano altrove.
Il tempo che solitamente tutto impolvera non fa precipitare nell’oblio il passato amoroso di Francesco, e quando riappare un ricordo che li riporta lì, tra quelle lenzuola, Ludovica soffre e per proteggersi esce di scena.

Passato, presente, lenzuola confuse

A volte passato e presente si fondono e confondono. E le stesse lenzuola, dello stesso letto, possono contenere verità nascoste e fluidi corporei estranei e familiari. Passati e presenti. È difficile comprendere dove termina il passato e dove inizia il presente. Dove finisce il ricordo e dove si insinua quello nuovo. Dove abita il rimpianto, il rammarico, il confronto.
In quale momento, in quale preciso istante, con quale carezza o amplesso o trasgressione, quel letto diventa di una coppia o di un’altra, mentre rimane del legittimo proprietario.
Lì, in quel letto, tra quelle lenzuola, con quei cuscini che hanno ospitato volti, lacrime e sopiti, risate sonore e affanni, che si sono intrecciati a gambe e ginocchia, che hanno sorretto schiene stanche dopo l’amore o che hanno accompagnato al sonno gli ospiti di quel letto, sono diventati nell’immaginario di Ludovica cuscini promiscui. Poco chiari.

Rivedrò la nuova coppia in settembre, dopo le loro vacanze estive, e se vi fa piacere scriverò ancora di loro e di me con loro.

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