Reciprocità, la peste del linguaggio e il rispetto

La parola reciprocità mi piace forse di più della parola cura, che solitamente è la mia preferita. Quella danza fatta di moti del cuore. Di dare e avere, di ascolto e parole, di cosa posso fare per te e del coraggio di chiedere. Della parola grazie, questo è per te, ti aiuto, ci sono, chiamami, ti ascolto.
Quando intravedo la reciprocità e anche il rispetto mi incanto. Quando sento nell’aria profumo di gradualità e di reciprocità, quando vedo due persone che si ascoltano e si guardano, che con garbo ed eleganza tentano da sconosciuti di diventare conosciuti – che si tratti di amanti o amici – penso che forse, ancora per poco, non ci estingueremo.
Purtroppo questo accade di rado. Vedo sempre più spesso arroganza confusa per sincerità. Egoismo ed egocentrismo confusi per modernità. Cattivo gusto travestito da spontaneità. E il tutto e subito confuso per il senso del tempo odierno.
Il mondo che abitiamo è pieno zeppo di asimmetrie, disseminato di esempi eclatanti di maleducazione imperante e dilagante, segue una buona dose di aggressività e insulti dispensati in maniera gratuita per tutti, molto spesso senza motivazione alcuna; le distanze relazionali vengono accorciate in maniera grossolana e volgare, e per concludere siamo invasi da tanta cattiveria e sciatteria mentale.
Abbiamo detto addio al buongusto, alla buona educazione e alle buone maniere, al lei, al grazie, prego, posso.
Ci siamo adattati ai tempi e alla modalità linguistica e lapidaria da social media.
Mi sembra che il linguaggio venga usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, senza pensare dove arrivi e cosa causi nell’altro. I toni sono spesso perentori, i verbi soltanto al presente.
Se le persone prima di parlare tentassero di scrivere nella loro mente le frasi che vogliono pronunciare, potrebbero rileggerle, assaporarle, correggerle e pensarle prima di lanciarle come anatemi.
Sembra proprio che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità – come scriveva Calvino – proprio nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola.
Quella magia fatta voce che trasmette i pensieri, le emozioni, che raggiunge l’altro, che lo accarezza o lo punisce. Che crea un ponte per legami simmetrici, gentili, e che aiuta la reciprocità.
La peste del linguaggio e delle relazioni ci farà diventare tante monadi: senza porte, né finestre.

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1 Commento. Nuovo commento

  • Vero quel che scrive, l’ho provato dî persona e ancora ne soffro anche nei rapporti familiari fra fratelli. Mi piacerebbe seguirla dall’estero in cui vivo, grazie e buona Pasqua

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