Un uomo sbagliato, anzi sbagliatissimo

Le vostre storie, le mie parole.

Era stato il mio sbaglio. Dei miei ventisei anni, dei ventinove e dei trentuno. Quell’età complicata in cui speri che sia la volta buona, che tu possa diventare madre e anche moglie, anche perché gli ovociti non aspettano. E mettere insieme i cocci è stato ogni volta più difficile.
Ma nonostante ciò, lui, il mio Sbaglio, mi trovava ogni volta, catturava i miei attimi di fragilità del cuore e mi riportava a sé mentre lui amava soltanto sé stesso e nessun altro.
Il suo mondo interno era talmente straripante, unitamente al suo ego, che quello esterno spariva al suo cospetto e con lui sparivo io, ogni volta. Tra il mio Sbaglio e il mio Sbaglio ci sono stati altri sbagli ma mai così drammaticamente intensi come lui. Una domenica di luglio, una di quelle giornate pericolosamente lente, mi scrive come se il tempo non fosse mai passato, e noi con lui.
Il mio cuore in letargo riprende a battere più forte di sempre.
I negozi erano chiusi, non potevo nutrirmi del mio abuso di sostanze preferite: le scarpe costose. E quella dose inaspettata e apparentemente gratuita di qualcosa di non bene identificato mi era sembrata un dono dal cielo.
Gli risposi, pur sapendo che non avrei dovuto farlo, ma quella chat, quel messaggio irriverente e peccaminoso apriva uno squarcio che pensavo essere guarito. Metteva un dito, sollevava un lembo di cuore, guardava dentro e si insinuava e per di più senza resistenza alcuna da parte mia in luoghi sempre più profondi e bui.
Il tempo si era fermato. Mi aveva teletrasportata ai mie ventisei anni, ventinove e trentuno, e soprattutto, non avevo imparato nulla dall’esperienza e dalla sofferenza.
Le chat infinite diventarono lenzuola sconce e bollenti, le lenzuola sconce e bollenti un abbandono. Tutto come previsto.
Corsi e ricorsi storici, come avrebbe detto magistralmente Gian Battista Vico che di amore non ne sapeva assolutamente nulla.
Vedevo donne promiscue e sentimentaliste distaccate, felici e adultere, e io coinvolta e fragile ero emotivamente in panne e sempre di più in balìa di virulente ricadute.
Dovevo passare da una dipendenza a una più grande, senza guardarmi indietro: scarpe e borse costose e firmate.

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