Una fame da morire. Amore e fame

L’equazione tra quello che entra e quello che esce deve coincidere.
Chi ha una fame da morire, una fame d’amore che parte dalle terre dell’infanzia, ingurgita una quantità di cibo infinito. Infinito come il suo bisogno d’amore.
Cibi molli, duri, ammuffiti o scaduti, salati o dolci. Tanti. L’importante è che siano tanti, che riempino, che mettano a tacere il buco nel cuore. (Di questo ne parlerò nel mio ultimo libro, in fase di stampa).
L’inventario tra quello che deve nutrire – o sedare – e quello che deve prontamente uscire dal corpo e dal cuore deve coincidere.
Chi soffre, e anche tanto, sposta il dolore dall’anima al corpo. Dal luogo dell’insopportabile al sopportabile.
Corpo che diventa teatro di attacchi e riparazioni, maltrattamenti e carezze, che va riempito e sedato, punito e svuotato.
Chi ha fame d’amore non può permettersi né cibo né amore.
Il corpo diventa un tunnel di malessere dal quale entra amore, sesso e cibo, e la stessa quantità di amore, sesso e cibo esce; senza lasciare tracce, se non un vuoto assoluto.
Chi soffre di questo atroce tarlo dell’esistenza crede di non maritare amore. Mai.
Cosi, quando la “fame da morire” impera, vittima e carnefice coincidono, e nessuna medicina potrà mai scaldare un cuore così tanto dilaniato dal passato.
L’eccesso diventa vuoto e il vuoto eccesso.
In questa gimcana tra tutto e niente, tra fame e vomito, l’anima si ammala e il corpo grida per essere ascoltato.
Di fame e d’amore si può morire, ma si può anche guarire.
Gli amori da asimmetrici possono diventare simmetrici, e il cibo da bene rifugio può trasformarsi in reale nutrimento.
Un abbraccio virtuale ma caloroso va alle mie lettrici e alle mie pazienti che soffrono di fame d’amore.

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