Dalle emozioni alle emoticon

Dalle emozioni alle emoticon

Faccina triste e faccina sorridente. Cuore che batte e cuore infranto. Lacrime e ammiccamenti vari.
Fuoco della passione e acqua che lo stempera.

Il nostro universo sentimentale sembra essersi sbiadito e avere, quasi obbligatoriamente, traslocato in questo mondo striminzito di chat e di immagini.
Grazie agli emoticon, nuovi segni di questa generazione a portata di tastiera e di smartphone, possiamo tradurre i nostri stati d’animo senza troppi patemi d’animo e senza stare troppo attenti a sfumature lessicali e semantiche.
Sono segni universalmente riconosciuti, quasi come il linguaggio dei gesti e le espressioni facciali. Li conosciamo tutti, e li adoperiamo tutti. Con cautela e in maniera eccessiva.
Oltrepassano ogni barriera, ogni latitudine e arrivano, forse, dritti al cuore.
Chi li riceverà avrà a sua volta uno smartphone e capirà. Con l’utilizzo prolungato verranno interiorizzate delle nuove emozioni e per di più rinforzate dal vissuto del momento, così sarà possibile avere un vero cardiopalmo quando riceveremo un cuore che batte – grande e rosso, con i nuovi aggiornamenti delle app – sul nostro cellulare.

I nativi digitali – e noi che ci siamo adattati a questa forma di comunicazione iconografica – comunicano così.
Niente sdolcinatezze, niente incidentali, virgole e virgolette, il datato punto e virgola è andato in pensione. Le emozioni si sintetizzano e si traducono in immagini.

Qualche riflessione e perplessità

  • Ma siamo davvero certi che, alla lunga, questa la forma di comunicazione così lapidaria ci emozionerà ancora o avremo nostalgia delle “parole”?
  • Una email d’amore o di sofferenza, sarà mai traducibile in una chat con faccine allegate?
  • Le parole che effetto hanno sui sentimenti?
  • Sulle relazioni?
  • Sul desiderio dell’altro?
  • Sull’immagine che noi ci costruiamo dell’altro?
  • Siamo certi che queste “sintesi emozionali” alla lunga non depauperino l’amore e le relazioni?

Sul significato delle parole si sono versati fiumi di inchiostro, oggi, infiniti fogli word, ma esiste un luogo e un momento in cui le parole si fermano e lasciano il posto alle emozioni.
Esiste, soprattutto tra chi si ama davvero, un silenzio parlante, capace di comunicare più di mille parole o di altrettanti cuoricini e faccine sorridenti.
Un silenzio che non minaccia, che racconta, un silenzio che va oltre il punto in cui le parole si fermano a riposare…

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Qualche riflessione sulle parole

Vorrei partire da lontano, dalle terre dell’infanzia.
Il primo vagito del neonato è già  parola, parola che sancisce la sua presenza nella nostra vita e che noi mamme dobbiamo tradurre in bisogno. Avrà fame? forse sonno? vorrà essere confortato? cullato? avrà paura del buio?
Come tutte le mamme sappiamo bene che ogni pianto porta con sé il proprio messaggio e che un ascolto profondo, in silenzio, dove le anime si incontrano davvero, ci orienterà nella reale decodifica del suo bisogno.
Gli parliamo già in utero, lo rassicuriamo, lo culliamo, lo coccoliamo.
Le parole servono a lui, ma servono anche a noi.
Con le parole, dolci e lenitive, la mamma accarezza il neonato che piange, lo culla simbolicamente, lo rassicura e lo contiene con la sua voce calda e autorevole.
La donna innamorata sussurra all’orecchio dell’amato parole d’amore e sospiri di desiderio.
Le parole faranno compagnia agli amanti lontani, scorrono da un telefono all’altro per far si che le emozioni possano raggiungere il partner amato.
Le parole azzerano la distanza.
Le parole, poi, risuonano dentro di noi come un farmaco a lento rilascio e, spesso, ci fanno compagnia nel tempo.
La rabbia, il pianto, il dolore e tutta l’infinita gamma di emozioni e di sensazioni che albergano nell’animo umano possono essere tradotte in parole.
E ancora, in amore, quante volte le “parole arrabbiate o abusate” hanno ferito chi amiamo?
E, quante altre, le parole non dette, taciute o negate hanno fatto morire lentamente un Amore?
La nevrosi non è altro che un’anima senza parole. Il terapeuta cura con le parole.
Il corpo si esprime con l’unico linguaggio che conosce: il sintomo.
L’alextimico, per esempio, non sa trasformare in parole le emozioni e soffre in silenzio.
Il mutismo selettivo non è altro che una difesa dalle parole; le parole spaventano, minacciano, arrivano dritte al cuore.
Anche sotto le lenzuola le parole hanno il significato di vero amplificatore del desiderio e delle emozioni. Le parole nutrono l’attesa. Le parole nutrono il desiderio.
Le parole concimano l’eros e l’affettività.
Arthur Miller e Anais Niin, ci hanno insegnato, con i loro carteggi, il significato delle parole nell’Eros, facendo sognare milioni di lettori.
E ancora, un tema di grande attualità, le parole che curano con la medicina narrativa, più simpaticamente detta “blog terapia”.

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Conclusioni

Le emoticon quando si tratta di dinamiche di corteggiamento sembrano addirittura  più emozionanti delle vecchie e datate frecce di Cupido, più efficaci di un anti depressivo.
Sembrano essere delle micro emozioni continue, se di emozioni si tratta davvero, hanno il potere di annullare l’attesa, e come le droghe, di occupare ogni spazio e di surrogare ogni vuoto.
Quindi faccine si, ma con moderazione, con simpatia e divertimento; ma immaginare di renderle degne sostitute delle parole mi sembra una vera utopia.

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