Ama le tue imperfezioni. Adolescenti fragili

Imperfezioni

Farmaci per il diabete usati in maniera impropria per dimagrire pubblicizzati sui social. Le “challenge” – si chiamano così le moderne sfide social – racimolano pubblico, follower, soldi e morti.
I social pullulano di pozioni magiche e filtri anti età, anti lineamenti e anti sé stessi.
Un fallimento universitario diventa un suicidio. Un no si trasforma in Stalking. L’incapacità di tollerare le frustrazioni dilaga a macchia d’olio.
Cosa sta succedendo ai giovani? Ai nostri figli? Ai figli degli altri? E a noi adulti? È mai possibile che i like siano più importanti della vita reale?

Ama ciò che sei e diventa ciò che vuoi

Amare le proprie imperfezioni è il primo passo verso l’accettazione e la valorizzazione di sé. Superata la fase delle turbolenze adolescenziali, periodo più o meno lungo e travagliato in cui l’attacco al corpo diventa il denominatore comune di tanti adolescenti, la fase successiva dovrebbe essere quella della comprensione. Dell’accettazione. Del benessere psicologico.
Molte volte ci concentriamo soltanto sui nostri difetti e sulle cose che non possiamo fare o avere, dimenticando che ci sono molte cose che possiamo fare bene e anche essere. Fare pace con il corpo che cambia, che si allarga e si restringe come se fosse una fisarmonica suonata dalle onde anomale delle emozioni è la strada per la pienezza del vivere.

Quando impariamo ad accettare le nostre imperfezioni, possiamo diventare più sicuri di noi stessi e trovare una maggiore felicità nella vita.

Spezzone di una consulenza

La storia di Ginevra, la ragazza di vetro

Ginevra, nome di fantasia, è sempre stata una bambina molto amata. Forse troppo. Nasce dopo ben otto aborti e due fivet, ed è un dono del cielo. La mamma, mia paziente, è una donna estremamente ansiosa e altrettanto premurosa. Il suo stile di maternità è profondamente influenzato da tutte le perdite che ha dovuto subire, da quell’utero vuoto, maltrattato, e poi finalmente pieno. A ogni tappa dello sviluppo psico-motorio della figlia, la mia paziente torna in studio da me. Pensa di fare male, poco, peggio.
Si interroga su tutto e spesso si crocifigge da sola, senza motivo alcuno. Ginevra frequenta l’ultimo anno del liceo scientifico della sua città, fa danza classica e studia inglese, come tutte le ragazzine della sua età.
È già molto stressata. Manifesta, infatti, insonnia, disturbi dell’umore – in realtà non è mai contenta di niente, soprattutto di sé stessa -, mangia poco, tanto, male, bene, in maniera maniacale, mostrando una chiara vulnerabilità psicologica.
Tutto quello che chiede diventa realtà. Non fa in tempo a organizzare un desiderio – la gita, la borsa costosa, la macchinetta prima e la macchina dopo, le vacanze con le amiche, le università costosissime -, che diventa subito realtà , senza che lei abbia aspettato, faticato, supplicato.
Nonostante le apparenze, Ginevra è di una vulnerabilità incredibile. Sembra una ragazza di vetro.
Non ha le idee chiare sul suo futuro percorso di studi e/o lavorativo. Annaspa tra una relazione sbagliata e un’altra. E ogni inciampo – come un esame andato male all’università o semplicemente qualche chilo in più – si scompagina in maniera preoccupante. Si confronta con i modelli dei social. Le ragazze che postano video in continuazione su TikTok e Instagram sono talmente magre da evocare malnutrizione più che seduzione. Sono legnose, ossute, ancheggianti e fanno già ricorso, nonostante la giovanissima età, alla chirurgia plastica e alla medicina estetica. La madre è chiaramente preoccupata, non sa come aiutarla. Si sente sbagliata e inerme.
Annaspa tra una vicinanza amorevole e una distanza che l’aiuti a trovare sé stessa, tra punizioni e dolcezza, ma la fragilità di Ginevra continua a farle compagnia.

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Il corpo tra gioie e dolori

Il corpo degli adolescenti, oggi più di ieri, è oggetto e soggetto di maltrattamenti e malnutrizione. Devono postare per esistere, e la vita online, fra filtri, luci e ombre, non è immune da fatica e dal falso sé. Prima di salvare una foto e postarla come post o storia ne fanno centinaia. Poi ne scelgono una, la sistemano, la modificano e la consegnano alla presunta perfezione.
Le storie sono continue e quotidiane, come se fossero obbligati a condividere e ostentare tutto: da quello che mangiano, agli spostamento, allo sport, sino ad arrivare alle vacanze, alle odiosissime e banali foto allo specchio (senza volto, con il cellulare in faccia), all’intimità.

BeReal, quell’immediatezza che obbliga alla perfezione

E adesso c’è anche “BeReal. Your friends for real”, una nuova app davvero inquietante. È un social nato in Francia nel 2020, sviluppato da Alexis Barreyat e Kevin Perreau. La sua caratteristica principale è quella di inviare agli utenti una notifica quotidiana a un orario casuale, sempre diverso dal precedente, in cui invita entro due minuti a condividere una foto con la fotocamera frontale e posteriore.
Quindi, sempre pronti per le telecamere! Sempre online!
Sempre perfetti e perfettamente postabili.
Nell’aprile 2022 BeReal ha ricevuto un finanziamento di ben trenta milioni di dollari da parte di Andreessen Horowitz e Accel e a maggio dello stesso anno DST Global di Yuri Milner ha finanziato l’app per ottanta milioni, facendo si che la capitalizzazione arrivasse a circa 600 milioni di dollari.
Sulla fragilità dei giovani, sul loro bisogno inquietante di apparire ci sono speculazioni da far paura.

Nessuno è perfetto, tutti siamo unici, per fortuna!

Una delle prime cose da fare per imparare ad amare le proprie imperfezioni è comprendere che tutti abbiamo dei difetti e tutti siamo diversi, nel cuore e nel corpo. Nessuno escluso. Nessuno è perfetto e tutti noi commettiamo degli errori, per fortuna. La perfezione è un obiettivo impossibile da raggiungere; quando ci concentriamo su un obiettivo irrealistico come questo, ci perdiamo le tante cose positive e le mille gradazioni dell’esistenza che la vita ci può offrire. La perfezione e il controllo su tutto – mondo esterno e interno – sono due trappole pericolosissime per la nostra psiche e qualità di vita. Le nostre imperfezioni, invece, sono ciò che ci rendono quelli che siamo: unici e speciali, inimitabili, irripetibili. Le imperfezioni vanno accettate, valorizzate, rispettate e anche apprezzate.

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Grazie errore

Dire grazie, ogni tanto, alle nostre fragilità e imperfezioni è l’unica strada per vivere in armonia con il nostro corpo e la nostra psiche.
La lotta intestina continua contro il chilo in più o in meno, l’inestetismo e la ricerca ossessiva della perfezione estetica rende sterili e regala quote di stress inenarrabili.
Le nostre imperfezioni ci permettono di imparare dalle nostre esperienze e di crescere come persone. Quando commettiamo un errore – per fortuna non esiste una vita senza sbagli, inversioni a U, dossi, rallentatori, muri sui quali schiantarsi – possiamo utilizzarlo come un’opportunità per imparare e migliorare.
Ci viene inculcato, crescendo, che dobbiamo essere belli, magri, intelligenti e di successo. Ma in realtà la perfezione non esiste, esiste invece un modello estetico imperante che richiede sudditanza e omologazione. Le immagini di perfezione estetica sono spesso create da filtri e strategie fotografiche, e non rappresentano la realtà.

Come si cambia?

Un modo per imparare ad amare le nostre imperfezioni è quello di concentrarsi sui nostri pregi, passioni e valori. Ogni volta che ci sentiamo insicuri o tristi per le nostre eventuali imperfezioni, possiamo fare una lista di tutte le cose che sappiamo fare bene e ripassare le doti del cuore che abbiamo.
Un’altra cosa che si potrebbe tentare di fare è cercare di essere gentili e affettuosi con noi stessi. Clementi, tolleranti, gentili. Accettare il vuoto, l’abisso, il buio: rispettarlo e quando sarà il momento opportuno dialogare con lui per capire e sentire cosa ha da dirci. Molte volte siamo così critici con noi stessi che ci facciamo gli sgambetti da soli, rendendoci la vita un vero inferno. Invece di essere duri con noi stessi, dovremmo darci quella pacca consolatoria sulla spalla di cui abbiamo spesso bisogno.

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Le nostre imperfezioni, inoltre, non ci definiscono. Siamo molto di più di ciò che non possiamo fare o essere. E talvolta grazie a ciò che non abbiamo, diventiamo ciò che siamo. Quindi, un grazie ai traumi, alle privazioni, ai genitori algidi e giudicanti, e a noi stessi, soprattutto.
La divina e inimitabile Audrey Hepburn sosteneva che le donne più felici sono le donne più belle. Non il contrario. E con questo concludo il mio articolo-polemica-denuncia.

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