Ci si augura di non dover mai scrivere il necrologio del proprio amore. E invece succede. E succede anche a chi si è amato tanto e tanto a lungo. Spesso, quando finisce un amore, il dopo toglie valore al prima.
Frasi lapidarie e funeste sanciscono la fine di un legame, la fine di quell’amore.
Frasi aggressive, punitive e anche offensive, spesso, indimenticabili. Frasi che rimangono incise a fuoco su una psiche già provata dalla minaccia di abbandono. Offese pesanti, dolori e indelebili insulti fanno capolino tra le pieghe di un amore. Che trattasi di una fine voluta o subita, temporeggiata o immediata, il dolore diventa sempre un fedele compagno di viaggio.
- Perché un amore deve concludersi passando dall’acredine?
- Dall’aggressività?
- Dalla cattiveria?
- Dagli insulti pesanti, dalle profanazioni?
- Dai maltrattanti verbali? Simbolici e crudeli?
- Dal bisogno, quasi cocente, di cancellare il passato in funzione del presente, o del possibile futuro?
- Bisogna davvero distruggere per poter ricostruire?
- Radere al suolo la stima, il sentimento, il pregresso amore?
- Cosa rimane dalle macerie di quell’Amore?
Perché se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola
Massimo Gramellini
Il necrologio di un amore obbliga a dover azzerare ogni gentilezza, ogni forma di possibile cura, arma i partner e li rende acerrimi nemici. Non importa chi insulta o offende per primo, quando scatta la mancanza di rispetto, ogni emozione diventa una reazione, e ogni possibile azione diventa bersaglio di cocenti malumori.
I coniugi, anzi ex-coniugi, veleggiano verso percorsi emotivi inesplorati, percorsi di rabbia e di dolore che, a loro volta, diventano generatori di rabbia e di ulteriore dolore postumo. Una spirale di odio e di dolore.
Voci di popolo tramandano il concetto secondo il quale in amore c’è chi ama di più e chi ama di meno; secondo tale teorema chi ama di più soffrirebbe di più, chi ama di meno di meno. Personalmente non credo esistano equazioni univoche, ma percorsi unici e soggettivi, frutto della storia emozionale e di vita di ogni protagonista di quell’Amore; il tutto intersecato alle dinamiche, uniche anch’esse, di quella coppia.
Il tempo: un balsamo per le ferite, pausa di riflessione o contenitore malinconico?
Le nonne dicevano sempre che il tempo con i suoi balsami avrebbe curato tutte le ferite.
E ancora, il tempo è galantuomo, ristabilisce sempre la verità, ripara i torti e medica ogni cosa. Dunque bisogna saper attendere.
Un amore che naufraga, però, fa un uso del tempo davvero soggettivo.
Chi aspetta che passi, per ricordare di meno e per soffrire ancora di meno.
Chi, inconsciamente o coraggiosamente, lo adopera come una pausa di riflessione.
E chi, invece, adopera il tempo per ripassare, per accarezzare con la memoria i ricordi (belli, ovviamente, quelli dolorosi verranno stemperati e offuscati dalla polvere erosiva del tempo che passa).
Il passato, spesso, a seconda dei momenti della vita, bussa prepotentemente alla porta del cuore e dell’anima. Ecco che riappare il ricordo.
Taglio netto o accompagnamento graduale alla morte?
Dipende. Dipende dalla struttura psichica dei protagonisti di quel naufragio. Dipende dall’intensità del sentimento, e dalla virulenza con cui si chiude. Dipende dalla reale motivazione per la quale si accompagna quell’Amore alla morte. Dipende dal danno subito, dalla capacità di elaborazione di ogni partner e dalla propria capacità riparativa.
Dipende dalla pregressa salute di quell’amore.
Per chi ama tanto e tanto male, il buon senso è il peggior nemico del sentimento, il controaltare del vero amore, così essere gentili ed equilibrati fa a pugni con la pregressa intensità. Insomma, dipende.
Conclusioni
La fine di un amore – qualunque sia la reale motivazione per cui quel legame sia giunto al capolinea -, porta con sé quote di grande dolore e di perdita, e un vissuto di lutto e di malinconia.
Avere rispetto per quello che è stato vissuto, per quello in cui si era creduto fortemente, equivale ad avere rispetto per sé stessi.
Rinnegare quanto provato, aggredire e dilaniare il sentimento, anche se pregresso, mediante pesanti offese e cattiverie, credo sia una strategia malsana per non elaborare la fine di quell’amore.
Svalutare quello che un tempo era prezioso è una modalità per non tornare più sui propri passi, che nulla ha a che fare con quell’indispensabile processo di profonda elaborazione del lutto.