E io avrò cura di me. Strategie per vivere bene in coppia senza smarrire sé stessi e prendersi cura di sé

Prendersi cura della coppia

Talvolta ci troviamo a fare l’inventario delle forze e delle paure. Delle mancanze e delle risorse. Delle voragini della psiche e del nostro valore.
Speriamo che il nostro principe azzurro sia davvero azzurro.
E che l’azzurro non sbiadisca nel tempo.
Cresciamo interiorizzando il concetto dell’amore che salva, che trasforma, che muove le montagne, che tutto può. E che tutto deve o dovrebbe.
Tra voragini affettive, tappe evolutive e tappe regressive, la ricerca della mezza mela sembra essere sempre dietro l’angolo della nostra anima.
Il vero problema è che, ogni tanto, la mezza mela è più di mezza, o meno di mezza.
Non sempre completa, talvolta depaupera, altre è praticamente inesistente.

Non vi è errore più grande nell’amore dell’adattarsi timorosamente l’uno all’altro e di uniformarsi a vicenda
Lou Andreas Salome’

Quali strategie per vivere bene in coppia senza smarrire sé stessi

Amarsi, lasciarsi amare e amare: le tre coniugazioni del verbo amare.
L’una non si regge in piedi senza le altre, e viceversa.
Se non ci amiamo abbastanza, saremo talmente fragili e bisognosi di cure da vivere – e andare a ricercare con un potentissimo radar inconscio – amori tossici, malsani, bulimici.
Amori affamati. Chi soffre di fame d’amore, o di quella pericolosa ferita narcisistica detta “la ferita dei non amati“, sarà in costante affanno dell’esistenza, non si amerà mai abbastanza, e non si vedrà mai bello (a) o attraente.
Condizione indispensabile per abitare amori sani ed equilibrati, e per non fare errori di valutazione e vivere drammi postumi.
Chi invece ha paura di amare non si lascerà amare a sufficienza; tesserà nella propria vita amorosa  relazioni d’amore mordi e fuggi, con la data di scadenza, prudentemente a termine.

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Amare è un lusso affettivo che non tutti possono permettersi. C’ė chi scappa dall’amore.
Chi, raramente, scappa per amore.
Chi glissa, o fa uno slalom con le proprie paure. Chi, invece, le invita a nozze, portandole in dote insieme alla coperta della nonna.
Chi ancora, passa da una relazione all’altra, per non amare davvero. Amori frettolosamente e difensivamente rottamati.
L’amore che muove le montagne e che sfida il vento sembra appartenere più alla dimensione del rischio che dell’opportunità.
Gli “amori dipendenti” – e anche gli amori prudenti – rappresentano il biglietto di sola andata per la solitudine.
Per la casa del bisogno, della fame d’amore e del tormento dell’anima e del corpo.

Molte donne sono mogli di mariti estinti, e ovviamente, viceversa

Il tradimento più grande che si possa fare al partner, e a sé stessi, è abitare un amore estinto.
Amori orfani di trasporto, di impegno, e di capacità di cura. (Di te, di me, di noi).
Mentre un caro estinto andiamo a trovarlo al cimitero, o dentro di noi – e rappresenta una risorsa, un caldo abbraccio, un ricordo che fa compagnia, una pietra preziosa della nostra memoria e del nostro cuore  –  un amore estinto in vita, sarà soltanto una zavorra dell’esistenza, un peso, un cancro.
Che, come tutte le malattie oncologiche, incurabili e terminali,  corroderà ogni angolo della nostra anima e del nostro corpo, facendoci morire giorno dopo giorno insieme a lui.
Abbiamo visto in questo mio scritto “Amore terminale” che, tenere in vita, con il respiratore artificiale, un amore intubato, nutrito artificialmente, che non ha il coraggio di sfidare il vento, è un progetto  suicidario, un suicidio assistito della propria anima.

Quindi, in questo caso: io avrò cura di me

Il tempo passa, talvolta, con la sua polvere erosiva e corrosiva, impolvera tutto, amore incluso.
Il mestiere del vivere occupa tutte le stanze della vita della coppia: da quelle del quotidiano a quelle della fantasia, dell’immaginario, del progetto e del piacere.
Le cose concrete prenderanno il posto di quelle simboliche, l’acredine e la mancanza di gentilezza e di cura dell’empatia e del dare, del donare e del donarsi, così semplicemente, si smette di essere felici, e la coppia diventa il luogo del dovere, o della sofferenza.
Un luogo dove talvolta si smette di essere felici e di avere cura di sé.

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E io avrò cura di me

Avere cura di sé è il modo migliore per non smarrire il proprio baricentro, per amare senza provare quel buco allo stomaco: il bisogno dell’altro.
Il rapporto di coppia va sempre arricchito di benessere e di capacità di cura, atteggiamento ben diverso dal mutuo soccorso avulso dall’eros, e ben diverso dalla dimensione abitata da un  partner accuditivo – ruolo a metà tra un’infermiera-crocerossina e una badante – dell’altro, o dell’intero legame d’amore.
Tutti noi ricordiamo la bellissima canzone, direi poesia, di Franco Battiato, “La Cura“.

“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie.
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo.
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore.
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali.
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie, Perché sei un essere speciale.
Ed io, avrò cura di te”.

Immaginiamo per un attimo che queste parole siano vere, attuabili, realizzabili.
Immaginiamo che queste parole che accarezzano l’anima, si possano realmente trasformare in realtà, in un amore con la A maiuscola, quello che sognavamo quando eravamo bambine e credevamo nel principe azzurro.
Queste parole ci fanno velocemente precipitare nella destabilizzante dimensione di un amore accudente, un amore indispensabile, un amore che cura.
Immaginiamo, a questo punto, il cammino comune.
E adesso, immaginiamo il dopo.
Immaginiamo le tappe evolutive, o involutive, della coppia.
Le mareggiate, i mari calmi.
Gli equilibri e le esigenze che cambiano.
Immaginiamo le crisi, e la loro gestione.
Immaginiamo la nascita dei figli, la perdita del genitori, e le malattie.
Un amore asimmetrico e accudente, è  un amore che non permette di crescere, che tarpa le ali, che non ha un buon equilibrio tra radici ed ali.
È un amore che abiterà la casa del bisogno, e non del piacere.

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La coppia tra simbiosi e omologazione

Molti partner si scelgono in funzione della similitudine, si scelgono in funzione della paura della diversità, si uniformano, azzerano le differenze.
Questa strategia diventa, però, un territorio paludoso, delle vere sabbie mobili del legame amoroso.
Imparare, invece, gli uni dalle altre, cogliendo il lato migliore “della-nella diversità”, è una strategia vincente salva longevità di coppia.
Per poterla attuare bisogna aver già fatto pace con i propri mostri e con le proprie paure.
L’amore obbliga alla differenziazione, all’individuazione – all’amor proprio, soprattutto – alla conoscenza profonda di sé.
Scegliere un partner immaginando di trasformalo in un vero prolungamento di sé, una sorta di costola accessoria, un dipendente sottomesso e bisognoso, contiene parecchie minacce che, inevitabilmente, si ripercuoteranno sul legame stesso.

Cosa poter fare? Qualche strategia per vivere in coppia senza smarrire sé stessi

  • Avere cura di sé.
  • Valorizzare e mantenere le differenze dei generi.
  • Evitare l’omologazione.
  • Evitare la simbiosi, l’asfissia, la fame d’aria.
  • Recuperare  “l’uguaglianza nella diversità”.
  • Mantenere la giusta distanza dal mondo dell’altro.

Le coppie fusionali, simbiotiche, sono coppie che contengono il seme della futura discordia insito dentro la coppia stessa.
Coppie estremamente simili, che con il tempo si “omologano” al mondo dell’altro, sono candidate alla noia, alla mancanza di scambi proficui e al depauperamento del legame amoroso.

In amore “piacere e bisogno” sono spesso fusi e confusi

L’intimità, quella vera e duratura, è caratterizzata dalla capacità di mettersi nella pelle dell’altro senza smarrire il senso della propria identità e individualità.
Significa ricevere l’altro nel proprio territorio intimo senza sentirsi invasi o prosciugati.
Alla luce di queste riflessioni, forse, imparare a volersi bene, a prendersi cura di sé, evitare simbiosi e omologazioni, rappresenta più una risorsa che una minaccia.

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