Esistono dei dolori muti che squarciano il cuore. Lo quadernano. Lo scompaginano. Lo affettano in profondità mentre sbranano i suoi lembi più fragili. Cerchi di difenderti, talvolta ci riesci, altre volte soccombi consapevole di farlo.
Alcuni di questi dolori coincidono con gli abbandoni: quando la persona tanto amata ci tradisce e ferisce, e va via dalla nostra vita per sempre. Quando fa il gioco del cucù: appare e scompare dispensando ansia e instabilità del cuore e delle mucose gastriche.
Questi dolori lasciano un vuoto immane, spesso irreparabile e insopportabile.
Ti manchi tu, quella te stessa che abitava tra le sue braccia e le sue labbra. Ti manca tutto di lui, di voi, di te con e per lui.
In un modo o in un altro, prima o poi, vai avanti, raccogli i cocci e riparti, zoppicante ma in cammino.
Ci sono altri dolori muti, ancora più dolori e ancora più muti: quando a un figlio fa male il cuore.
Quando sei madre diventi doppia, poi divisa a metà e mai più integra.
Vai avanti, lavori, vivi, ami, respiri ma una parte del tuo cuore appartiene a lei o lui. E se il suo cuore sta male il tuo sanguina.
Da madre ti costringi a superarti, a essere serena e forte anche quando non hai voglia, quando non ce la fai.
Non ti permetti di essere fragili e quasi mai depressa; non puoi, non si fa, non è utile. Quando però la vita a cui hai dato la vita sta male, vieni rapita da un vortice di dolore inarrestabile. Il tuo cuore si squarcia, sanguina, rallenta sino a sfiorare l’immobilismo. Ogni battito si fa pesante, cupo, buio, doloroso.
Vorresti difenderlo, difenderla, dagli aguzzini relazionali, dalla Siberia dei sentimenti, dalla solitudine cocente, dalla falsità delle persone che sembrano ciò che non sono, che millantano gentilezza e cura per avere un ritorno personale.
Non puoi fare altro che stare zitta.
Ogni bufera affettiva lascia i suoi detriti ma lascia anche conchiglie e meraviglie, esattamente come le mareggiate africane che io amo molto.
Cercare di evitarle non aiuta nessun cammino; perché quando finisce il cammino e anche la bufera appare la meraviglia.
L’unica cosa che da mamma sofferente puoi fare è non fare niente: aspettare che il travaglio si compia, immobile e silente ma sempre vicina di cuore.

Nel prossimo articolo che troverete sulla mia rubrica sull’amore su La Stampa “Amore non è solo amare” affronterò il tema degli amori giovanili: fanno bene e aiutano a crescere o ne faremmo volentieri a meno per non vedere soffrire i nostri figli. L’ho scritto da mamma-clinico, quindi troverete tanti possibili suggerimenti salva-cuore.

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