La buona notte del narcisita non è come la buona notte di chi ama davvero. La sua buonanotte è una minaccia non una reale carezza che consegna alla braccia di Morfeo.
È la concretizzazione di una comunicazione lapidaria: dopo quella chat la vita della destinataria (del destinatario) della buonanotte si deve spegnere. Del tutto. Non può più stare sveglia, chattare, respirare, insomma, esistere senza di lui; per riprendere fiato e vita al buongiorno successivo.
Mentre lui, il narcisista, ha una vita notturna e diurna davvero intensa.
Lui può chattare di notte e di giorno – ma tanto lui lavora sempre e la sua vita online ha sempre una giustificazione quasi plausibile -, può controllare gli accessi della sua vittima-preda-dipendente affettiva e, in fondo, fa sempre quel che vuole.
Lui da la vita e la morte. Regala estasi e tormento. Appare e sparisce nel nulla per tornare in seguito con strategie lessicali e comportamentali che non sono altro che trappole.
Questo suo famoso, o meglio famigerato, cucù si manifesta con email, chat, messaggi languidi di ripensamento e mancanza, o comunicazioni di catastrofi (malattie all’improvviso, un nuovo lavoro, una tragedia familiare) o messaggi che pongono la vittima nelle condizioni di dover rispondere senza potersi esimere. Fa leva sulle sue fragilità del cuore che ha a lungo studiato, adoperato, fatto sue.
Perché lui fa così, e lo fa sempre: controlla, manipola, ripesca dal passato – perché ciò che è stato suo, nel suo immaginario non funzionante e non aderente alla realtà, rimane suo a vita – utilizza la gelosia per rinforzare la dipendenza affettiva, tradisce e reitera nel modus operandi amoroso intermittente e confondente.
Dopo i primi abbandoni la vittima darebbe un braccio o un rene per ricevere il cucù, la sua presenza anche se intermittente e disturbante. Ma poi, nel tempo e con le cure adeguate, appare la nausea, il disgusto, il disprezzo.
Impara a ricordare per poi dimenticare. Per sempre.
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