Ho immaginato di prestare la mia penna a Claudia, nome di fantasia, mia paziente, che racconta un momento di profonda crisi amorosa e di vita.
Ho smesso di amare noi. Non amo più la nostra coppia. Non mi piace più né il contenuto né il contenitore.
Non amo come siamo diventati. La versione peggiore di noi stessi.
Ci siamo trasformati come le persone che criticavano: coloro che non si toccano, non si baciano, non si ascoltano, no si parlano.
Non mi piaccio più perché sono distante, scontrosa, infelice, persino crudele. Non mi piaci più tu perché sei diventato brutto: hai lo sguardo torvo, aggressivo, punitivo. Sei diventato afono, anzi muto, freddo, anzi gelido. Sei altrove.
Non amo più la versione moderna di noi stessi, le persone banali e infelici in cui ci siamo trasformati.
Non amo più la tua sciatteria emotiva e mentale, quella che un tempo era scintilla e gioca allo stato puro. Le tue assenze, quelle che un tempo erano meravigliose presenze. Non amo più i tuoi silenzi che puniscono, le tue intermittenze del cuore, il tuo chiedermi del sesso senza darmi amore.
Ma non amo più nemmeno me, la versione mostruosa di me. Non amo il mio grigiore, la mia rabbia, figlia della paura e della frustrazione.
Ci siamo trasformati nella versione peggiore e inedita di noi stessi, quella più buia e maltrattante.
Abbiamo barattato la luce per la penombra. La presunta serenità per l’entusiasmo. Il piacere per il dovere.
I sospiri per gli sbadigli. Le cene intime per la pizza nel cartone. Le tavole imbandite per i pasti in differita. Le lenzuola di seta per la coperta sul divano. Il coraggio di essere felici per la vita monocorde.
E io ho smesso di amare quello che siamo diventati. Dei mostri, altro da noi stessi.
Per questo ti dico addio e spero di ritrovare la parte migliore di me, senza di te.
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