Le vostre storie, le mie parole.
Ho immaginato di prestare la mia penna a una mia paziente.

La mia famiglia era tanto famiglia. Invidiata, sempre unita. La domenica c’erano le colazioni profumate e i dolci per pranzo. E c’era il primo e il secondo, e qualche volta c’erano anche i nonni. Il sabato c’era la pizza, in pizzeria, con mia mamma, mio papà e mio fratello che borbottava perché voleva uscire con i suoi amici, ma non poteva esimersi, e poi alla fine si divertiva. Durante l’anno, qualche volta i miei genitori andavano al teatro. Per noi era un festa perché la mia nonna preferita dormiva a casa nostra, e noi andavamo a letto più tardi. Giocavamo, parlavamo, giocavamo. Mia mamma si faceva bella, anzi bellissima. Veniva la parrucchiera a casa e lasciava una scia di profumo quando passava da una stanza a un’altra. Seguivo incantata i suoi rituali e pensavo che anche io da grande sarei andata al teatro con mio marito e avrei messo le scarpe con il tacco.
Mia mamma poneva sul letto i vestiti che avrebbe indossato e le scarpe, tutte scintillanti e bellissime, accanto al divano di casa. Aspettavo che si distraesse per provarle e tenerle ai piedi, almeno per un po’. Mi faceva sentire grande, molto donna, come lei. Mia mamma era bellissima, le ridevano gli occhi quando ci guardava. Noi eravamo tutto per lei.
Mio padre, quando andavano al teatro, rincasava prima, e si faceva bello anche lui. Aveva un dopobarba che odorava d’estate.
Loro cenavano prima di uscire e lasciavano la cena pronta in cucina per noi figli e mia nonna. Sembravano felici. Anzi, erano felici. Io lo sentivo nella pancia.
Poi, d’un tratto, mia mamma è diventata triste. Non si truccava più e non andava più al teatro. Non le luccicavano più gli occhi. Non preparava più le torte. Non siamo più andati a mangiare la pizza il sabato, e ha smesso di mettere le scarpe belle accanto al divano. La mia casa sembrava essere diventata buia, che se c’era la luce. Mia mamma dormiva tanto e non si vestiva più bene. Mio papà tornava sempre più tardi dal lavoro. Sempre di più. Era scontroso e si arrabbiava sempre con noi anche se noi non facevamo niente di male.
Mia nonna non dormiva più a casa nostra. Mio fratello era piccolo e faceva i capricci, faceva spesso spazientire mio papà che lo metteva in punizione.
Io ero piccola ma ero diventata mamma di mio fratello, e a volte, anche di mia mamma.
Era Natale, dovevamo fare l’albero come ogni anno. Avevamo preso gli addobbi in garage, tirato giù dalla soffritta gli scatoloni con le nostre palle di Natale. Sempre le stesse palle. Dovevamo cominciare da lì a breve. Mia mamma era sul divano, gli occhi erano scuri e mezzi chiusi, secondo me piangeva.
Quella domenica mio padre era sparito. E da allora non è mai tornato a casa. L’albero è rimasto dentro le buste, le palle dentro le scatole. Mia mamma è rimasta sul divano per tre giorni. E io ho cucinato per mio fratello per tre giorni. Il nostro Natale non è mai più stato Natale.

Il racconto di una mia paziente. Della bambina che è stata.

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