Quel dolce vintage dispensatore di malinconia

Ieri sera sono andata a mangiare una pizza con la mia famiglia. Siamo andati in una bellissima pizzeria-ristorante in riva al mare, elegantemente arredata.
Luci bianche, tavola ben imbandita, e il mare siciliano che lambiva il ristorante, avevo la sensazione di cenare insieme a lui. Tutto molto suggestivo.
La pizza era buonissima, con ingredienti di altissima qualità, particolarmente digeribile e appetitosa.
Avrei voluto completare la cena con un bel dolce, di quelli lussuriosi, gratificanti, che li mangi già con lo sguardo.
Di quelli che ti appagano talmente tanto da farti mantenere una buona condotta sino al sabato successivo. Al momento del dolce ho provato una delusione cocente.
I dolci erano pochissimi e tutti vintage, in bianco e nero.
Negli ultimi dieci anni non avevo più letto in un menù la parola zuccotto, pan di Spagna, zuppa inglese e pezzo duro.
Non ho provato nessun fascino nostalgico ma pura e semplice delusione.
Pensavo già di affondare il cucchiaino in un cuore caldo al cioccolato, dal profumo inebriante.
Oppure la mia forchetta da dolce nella cheesecake di americana memoria ma ormai entrata a far parte del patrimonio sensoriale del palato collettivo.
Oppure avrei voluto concludere con quel buonissimo gelato al pistacchio di Bronte disseminato di scaglie di cioccolato e mandorle tostate.
E invece no, niente di tutto ciò.
Ho provato un misto di malinconia e fastidio, e ho chiesto al cameriere se invece di un dolce vintage ce ne fosse uno New Age.
Il cameriere mi ha guardata stranito e mi ha detto che in realtà avevo ragione ma il cuoco è particolarmente affezionato a questi dolci un po’ datati che in realtà nessuno gradisce più.
È proprio vero che alcuni cibi, profumi e odori ci trascinano prepotentemente nelle terre dell’infanzia.
Altri ci fanno sentire vivi, inebriati di desiderio e con lo sguardo rivolto al futuro, decisamente i miei preferiti.
Quello zuccotto con la zuppa inglese, gialla, pallida e decisamente datata, mi ha riportata alla mia infanzia, a quelle domeniche pomeriggio quando mia nonna e le mie zie venivano a trovarci e ci portavano quel gelato orribile, che noi bambine mangiavamo per educazione e perché non ci era consentito rifiutare.
In quel preciso momento, in riva al mare, mi sono sentita lì: avevo otto anni.
Quando ho messo un piede nell’età adulta e ho iniziato ad ascoltarmi, ho capito che la zuppa inglese non avrebbe mai più fatto parte della mia vita e del mio palato.
Peccato, la pizza era davvero strepitosa, ma non tornerò mai più in quel ristorante, nonostante l’abbraccio impetuoso del mare siciliano.

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