Oggi, chiacchierando con un mio caro amico, abbiamo riflettuto sulla similitudine tra l’amore tossico e l’edera.
I miei alberi di limoni, ed immagino non soltanto i miei, sono stati totalmente avvolti dall’edera. Praticamente incarcerati.
Quando ho comprato il frutteto che ospita la mia fattoria, erano già in queste condizioni ed essendoci altre priorità, ho tralasciato questo lavoro che sapevo essere certosino per tempi migliori.
L’edera è una pianta affascinante e tenace. Cresce lenta e inarrestabile, come un ricordo che non vuole andare più via. Le sue foglie lucide, verdi e screziate, a forma di cuore e di freccia, avvolgono tutto quello che trovano.
Si arrampica sui muri, avvolge tronchi, si insinua tra le crepe, incarcera i miei limoni, assorbe acqua, luce, vita. Non chiede il permesso: conquista con costanza ed eleganza.
I miei poveri limoni erano in affanno ma non ne erano consapevoli, come le vittime di amori malsani.
Crescevano, nonostante tutto, davano i loro frutti, ma era chiaro che erano in sofferenza con un ospite a bordo così tanto ingombrante e fagocitante.
Le foglie di edera avevano totalmente avvolto i loro tronchi e pian piano si stavano inerpicando sino ai rami, alle foglie e ai limoni, succhiandogli linfa, acqua e luce.
Quando ho iniziato il lavoro lungo e certosino per liberare gli alberi, ho iniziato a riflettere.
Con una cesoia, quella blu, la mia preferita, e con grande garbo, assicurandomi che sotto ogni ramo di edera il tronco stesse bene, ho iniziato a liberare gli alberi. Pezzetto per pezzetto. L’albero liberato dalla sua elegante prigione aveva un colore completamente diverso dai cugini con i tronchi liberi.
In realtà è quello che accade con gli amori tossici.
All’inizio, hai la sensazione che quel ramo di edera stia abbellendo il tronco, la tua esistenza, poi, pian piano ti rendi conto che l’edera è diventata infestante, avvolgente, una sorta di corazza o gabbia che ti regge in piedi, senza la quale hai paura di vivere (su questo ho scritto un libro: “Ex/Forse ex: gli amori affamati”).
Non capisci più qual è il confine tra te e l’edera, tra il bene e il male, tra la luce e il buio, tra la gabbia e la corazza, ma non puoi vivere senza.
Finché, qualcuno con la cesoia, in questo caso uno psicoterapeuta, con garbo e pazienza ti libera dall’edera infestante e ti restituisce linfa e luce.
Come accade tutte le volte, le mani riordinano il cuore e anche il giardinaggio è un mestiere che ha a che fare con la cura, come il mio.
Prendersi cura di qualcuno e di sé stessi, in fondo, è come chinarsi su un frutteto con pazienza: togliere le erbacce del giudizio, innaffiare con gentilezza e costanza, non eccedere ma non fare sentire sete, aspettare senza forzare.
A volte il terreno sembra arido, come se non rispondesse alle cure, ma sotto la superficie qualcosa sta germogliando (per cambiare pelle ci vuole tempo). Altre volte, un fiore sboccia all’improvviso, come
L’Hibiscus che mi ha regalato mia mamma, e ci ricorda che ogni gesto d’amore lascia radici per sempre.

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2 Commenti. Nuovo commento

  • Alessandra
    3 Agosto 2025 19:29

    Dottoressa,
    E’ un piacere leggerla con le sue garbate descrizioni riesce sempre a rendere tutto molto chiaro e arriva tutto al cuore .
    Grazie per il tempo che ci dedica con i suoi articoli .
    Alessandra

    Rispondi

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