Ho immaginato di prestare la mia penna a Carla, nome di fantasia, che ha deciso di diventare disobbediente dopo un faticoso percorso di introspezione.
Ho detto basta ai silenzi indossati e a quelli subiti. Basta ai sì indiscriminati. Basta alla mia tendenza a vivere la vita degli altri o quella che gli altri hanno pensato fosse più adatta a me. Basta alle solite censure del mio ingombrante Super Io.
Termino l’anno e comincio quello nuovo con nuove consapevolezze e certezze. Adesso so bene quello che non voglio più: le persone che non voglio più al mio fianco, da cui non voglio più farmi contagiare, le menzogne che non voglio più ingoiare e far finta che siano miele e quelle che non voglio più dire, gli infingardi del cuore, le mezze misure, le non scelte, le zoppie del cuore.
Adesso ho le idee più chiare su tante cose, esterne e interne al mio cuore.
Non voglio più un uomo per sentirmi completa, felice, normale. Non voglio più lavorare e basta per non sentirmi in colpa. Non voglio più sentirmi sbagliata per tutto quello che non faccio, ma ripassare tutto quello che invece faccio e soprattutto sono.
Voglio dire pochi sì ma autentici e pieni. Avevo chiesto all’inizio della terapia di guarire dai sintomi, di diventare consapevole e libera ma non troppo disobbediente. Recitavo un mantra sempre uguale e anche un po’ noioso.
Avevo paura di avere un cuore sgombro per intero, un cuore con i battiti forti e nitidi. Avevo paura di respirare con due polmoni spalancati.
Volevo tenere per me un po’ di mancanza, di nostalgia e anche di paura; pensavo servissero per non farsi rapire dai flutti della vita e perdere il controllo di sé.
Volevo dormire senza farmaci, anche non tutte le notti, come se il riposo fosse nemico dell’efficienza.
Volevo ancora parlare del mio ex, del suo abbandono, del buco nero nel quale sono precipitata, della mancanza di rete di salvataggio. Volevo lamentarmi e basta.
E invece sono diventata disobbediente. Grazie dottoressa!
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