Ho immaginato di prestare la mia penna a Laura, nome di fantasia, mia paziente diventata consapevole e disobbediente, che alle porte della fine dell’anno e all’alba di quello nuovo lascia il marito adultero e altrove.
Per ogni mio sogno che hai tacitato, schiacciato, ignorato.
Per le stelle che non mi hai mai regalato.
Per ogni bacio che mi è stato negato.
Per quello che ho smesso di desiderate per assecondarti.
Per quelle domeniche infinite. Per le camere separate, i divani paralleli, il sonno e il telecomando tra di noi.
Per tutte le festività che fanno male.
Per avermi fatto sempre sentire sbagliata, fuori posto, eccessiva, esigente, intransigente, malata, nevrotica, sognatrice, pazza.
Per i tuoi silenzi che puniscono. Per la mancanza di parole che dicono e di silenzi che avvolgono.
Per tutti quei giorni in cui sarei voluta essere meno sola e perché no anche felice.
Per quegli orgasmi recitati. Per il sesso della domenica.
Per i pranzi con i parenti. Per le vacanze che piacevano a te e non a me.
Per il solito gioco di ruoli, trito e ritrito.
Per tutte le volte che non mi hai vista, ascoltata, interrotta, ignorata.
Per la donna che sono diventata e per quella dimenticata.
Io ti lascio.
Le relazioni sono un terreno complicato e affascinante. Talvolta le relazioni diventano delusioni, altre volte trappole, ma la responsabilità della deriva è sempre di entrambi i partner: chi causa il disagio e chi lo asseconda rinforzandolo.
Quando un danno viene perdonato e non elaborato e trasformato, quando il silenzio, l’accondiscendenza, le non parole prendono il posto del cammino condiviso, in realtà, si rinforza il comportamento disfunzionale.
Quando per un eccesso d’amore – ma non d’amor proprio – o per un eccesso di debolezza, si sceglie la sottomissione, si apre la strada alla sofferenza, al male: visibile e invisibile .
Quest’ultimo è senza dubbio il più pericoloso.
Quello che non si cambia, in fondo si accetta.
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