Quanto (non) ci piacciono gli amori impossibili

Quanto ci piacciono gli amori impossibili, gli amori strazianti e struggenti, quegli amori che ti fanno battere il cuore sino a scoppiare.
Quegli amori che non ti fanno dormire la notte e che ti fanno rimanere tutto il giorno con gli occhi spalancati a guardare l’infinito e il cellulare, che diventa l’infinito.
Quanto ci piacciono quegli amori impossibili che diventano amori solo per noi, o così ci fanno credere. Quegli amori straripanti, eccessivi, che ricordano un uragano tropicale e un acquazzone d’agosto.
Quanto ci piacciono quegli amori impossibili che ci fanno emozionare, intestardire, entusiasmare, spaventare, che non ci fanno respirare quando si allontanano o quando spostano lo sguardo verso altre mete. Che instillano ansie, incertezze, paure pur di creare un legame indissolubile.
Poi un bel giorno succede.
Succede che ci svegliamo, che cadiamo e ci rialziamo. Succede che ci facciamo male, un male che sconquassa e che spazza via ogni certezza, al quale diciamo grazie. Perché grazie a questo male guariamo.
Succede che cambiamo, e il dopo non sarà mai più uguale al prima.
E da quel giorno in poi gli amori impossibili non ci piacciono più, così come le persone (fintamente) impossibili.
Ci piacciono gli amori possibili. Le persone gentili. Le persone risolte.
Ci piacciono gli amori affettuosi e generosi, quelli che non dispensano lacrime copiose, manipolazioni, strattoni del cuore. Quelli che non fanno gli sgambetti ma che porgono un braccio quando il terreno diventa scosceso. Quelli che ci sono realmente, non solo a parole.
Quegli amori fatti di piccoli istanti di gentilezza e felicità.
Quegli amori che non ci fanno avere paura di essere felici e che non ci strappano alla nostra vita per immolarla a quella di qualcun altro, perché negli anni capisci che puoi amare senza correre il rischio di sgretolarti o annientarti.
Così capita di sentire quella fame insaziabile di vita che nulla ha a che vedere con la dipendenza affettiva, con la sottomissione, con il bisogno.
Ricorda, invece, il piacere e niente più. Ed è bellissimo.

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