Spiking, la droga e l’ago dello stupro

La Droga dello stupro

Si chiama spiking. È la puntura con cui decine di ragazze vengono narcotizzate in discoteca da uomini che vogliono abusare sessualmente di loro. Siamo passati dalla droga dello stupro all’ago dello stupro: cambia la modalità ma non il risultato. E soprattutto non cambiano i postumi che la vittima si porta addosso.

Le sensazioni che provano queste ragazze sono quelle che provano le persone che sono del tutto ubriache, in balìa di un eccesso di alcol. Corrono il rischio di svenire, di perdere conoscenza e coscienza e al risveglio, il danno dei danni, non ricordano più assolutamente nulla dell’accaduto. Amnesia che impedisce loro di ribellarsi, di urlare, di scappare e soprattutto di denunciare. Quella sorta di torpore e di smarrimento rimane addosso alle vittime che rimangono vittime e non riescono a ribellarsi, a denunciare e a ricostruire infatti.

Queste drammatica esperienza continua ad accadere in tante discoteche. Le ragazze vengono drogate a loro insaputa, in un batter d’occhio, tra un ballo e la musica a tutto volume si ritrovano con una dose di sostanza dello stupro sottocute che le consegna alle braccia del loro stupratore.

È un fenomeno molto diffuso in tante città del Regno Unito come Glasgow, Nottingham, Manchester. Viene chiamato needle-spiking, nome che sta ad indicare la siringa utilizzata. I farmaci utilizzati per questo tipo di violenza sono gli stessi farmaci utilizzati per derogare le bevande: il Roipnol o il GHB, le famigerate droghe dello stupro. 

Quanto è diffuso il fenomeno del Chemsex?

È un fenomeno dilagante e drammaticamente preoccupante per le nostre ragazze. Non abbiamo dei dati precisi perché si tratta di un fenomeno sotterraneo e ancora poco quantizzabile. Le ragazze che si accorgono di essere state drogate, non sempre e non subito, sporgono denuncia e il fenomeno rimane sommerso a lungo.

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C’è chi, però, ama utilizzare le droghe per vivere una sessualità decisamente più eccessiva, e lo fa in maniera consenziente e consapevole. Chi soffre di questa forma di dipendenza non si racconta, non chiede aiuto, si vergogna e non sa nemmeno di avere un problema così grave.

Si tratta di una dipendenza a tutti gli effetti, anche se sottostimata. Le droghe ingerite consentono di spostare il limite del controllo e aiutano a non percepire né sensi di colpa né disagio tra lenzuola molto affollate.

Questi comportamenti sessuali a rischio non sono comportamenti occasionali, provati così per caso o per fare contento un partner o un altro o durante una notte di bagordi sessuali, ma si tratta di comportamenti reiterati nel tempo, organizzati e messi in scena in maniera determinata, dai quali è difficile retrocedere.

Le dipendenze sono infime e si presentano sotto mentite spoglie. Si dividono in dipendenze con sostanza e dipendenze senza sostanza. Le prime sono le vecchie e solite dipendenze: da cibo, alcool, droghe e farmaci. La persona che le ingerisce lo fa per lenire un vuoto, una solitudine straziante, una voragine d’infanzia, per sopravvivere a un amore deceduto, a un lutto, a una depressione maggiore o mascherata. Nelle seconde, quelle senza sostanza, il consumatore non ingerisce niente ma si nutre dell’effetto euforizzante che gli regala il gioco d’azzardo, internet, la pornografia, lo shopping online, una sessualità compulsiva ed strema.

Nel caso del Chemsex abbiamo due dipendenze in una date dallo sposalizio tra droghe e sesso. Le droghe servono per obnubilare la coscienza e per allentare le redini del senso di colpa e del Super Io, e per trasportare il consumatore in terre inesplorate e inesplorabili in uno stato di coscienza non alterata.

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La pratica del Chemsex risponde a un bisogno dell’inconscio di venire a galla e a un bisogno impetuoso di spostare i limiti della sessualità.

Conseguenze fisiche e psichiche sulla sfera sessuale e affettiva

Una sessualità non più scaldata dall’affettività e dalla relazione diventa ginnastica coitale e circense con conseguenze importanti su psiche, corpo e coppia.

Una delle conseguenze più gravi è quella di non riuscire più a tornare indietro a una sessualità spontanea che segue il desiderio, la spontaneità e la gradualità, e soprattutto l’intimità e non una dose eccessiva di droga.

Il dopo Chemsex diventa dispensatore di disfunzioni sessuali, di ansie e angosce, e di una sessualità decisamente estranea a un sentire che non appartiene più al fruitore di droghe. Un ulteriore rischio è quello di contrarre malattie sessualmente trasmissibili.

In questo ammasso di corpi e di fluidi corporei, e di assenza assoluta di controllo è difficile che venga indossato il preservativo. Ed è ancora più difficile conoscere il modus operandi amoroso dei partecipanti a quest’orgia sessuale.

Il rischio è quello di spostare talmente tanto il limite del piacere da non assaporare più la sessualità un po’ più ortodossa. Chi viene rapito da queste pratiche corre il rischio di accettare pratiche erotiche estreme e promiscue che in altri momenti della vita, senza droghe e senza farmaci, non avrebbe mai pensato di poter sperimentare.

Chemsex, quale significato, quale cura

Per affrontare qualunque tipo di problema che attanaglia la psiche e di conseguenza il corpo (e viceversa) bisogna avere consapevolezza di avere un disagio. Purtroppo nei casi delle dipendenze, con o senza sostanza, la consapevolezza viene meno a favore delle bugie, delle manipolazioni, della negazione della realtà e del buio nel cuore di chi ne soffre. Chi vive nelle maglie di una dipendenza ha sempre una personalità dipendente che un clinico dovrebbe diagnosticare e poi curare.

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Spetta sempre ai familiari e agli amici lo scomodissimo ruolo di grillo parlante, con il rischio di finire schiacciati contro un muro, perché chi soffre di dipendenza tende a difenderla. Sempre.

I familiari sono coloro che con garbo, cura e le parole giuste dovrebbero far emergere il problema e accompagnare la persona cara in consultazione da uno psicoterapeuta.

Le persone care, però, un po’ per sfinimento un po’ per un eccesso d’amore, a volte tendono a colludere con le richieste del parente ammalato, diventando dei veri e propri complici. Questo atteggiamento non aiuta a far emergere la problematica e il possibile percorso di cura ma tende a cronicizzare il disagio, la dipendenza e la conseguente o precedente depressione.

Questo fenomeno ci urla nelle orecchie che stiamo assistendo a un’inarrestabile deriva della sessualità. Molte derive sono diventate mode e molte mode pericolose derive. La paura di amare regna sovrana e muove le fila di comportamenti sessuali a rischio e di un massiccio ritiro sensoriale e sessuale.

Avere cura di formare e informare è l’unica vera arma salva intimità e sessualità.
(Sul mio canale YouTube ho dedicato dei video a questo argomento, chi volesse approfondire può trovarli già online).

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