Non parlo di droga ma di brividi. Quando il malessere sovrasta ogni diga psichica, ecco che serve una dose. Di qualunque cosa. Da chiunque. Sempre, in ogni momento.
Una dose di cibo che consola, di fumo, una chat prolungata, un affollato e chiassoso gruppo di Whatsapp, una dose massiccia di alcool, una scarica di adrenalina da sport estremo e online a portata di divano e di pollici, una dose da iper lavoro (questa è la compensazione che il nostro inconscio accetta di più perché lecita).
La teoria del compenso – mi riempio pur di non sentire il vuoto – prende il sopravvento e muove le fila di strategie antidolorifiche che abbassano il volume del cuore. La psiche con i suoi meccanismi di difesa e imbrogli dell’inconscio ignora le cause del disagio profondo e spinge a tamponare con un cerotto che ormai non copre più i lembi della ferita primaria.
L’ansia si placa per un attimo, il buco sembra meno buco, la solitudine meno solitudine, il silenzio meno silenzio, si confondono le cause con gli effetti e si approda a un certo e transitorio benessere, sino al prossimo richiamo dell’inconscio e delle viscere.
L’amo lussureggiante della dipendenza aggancia tutti, soprattutto i cuori traballanti, e la dose viene confusa con la terapia.
Molto spesso, purtroppo, lo stesso modus operandi comportamentale viene esteso alla vita amorosa, e i disastri relazionali aumentano.
Chi non sta bene con sé stesso compensa con gli altri e li utilizza come pusher di massicce dosi di brividi. Dosi di presenza, di assenza, di strazio, di emozioni o false emozioni, di chat notturne e diurne, e così via.
A volte capita che l’altro sia una supplenza affettiva e che l’incontro di due solitudini diventi una (non) relazione. Altre volte capita che una persona affamata d’amore incontri nel suo percorso incidentato il passo zoppo del cuore dell’orco, e il disastro è assicurato.
In amore e nella vita c’è una grande differenza tra lo scegliere il partner con consapevolezza e con il cuore, e sceglierlo per bisogno.
E c’è una grande differenza tra stare bene con un partner e stare male senza, perché nel secondo caso il partner ignaro indossa i panni della distrazione dal disagio e tappa i buchi di una mancanza primaria.
In questi casi la folta schiera dei prigionieri senza sbarre aumenta e l’infelicità anche.
Essere consapevoli delle proprie zone d’ombra, dei disagi e delle ferite, e decidere di accettarle e attraversarle, invece di sedarle, diventa l’unica strada per la felicità.

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