Di verginità si parla tanto, ma sempre esclusivamente al femminile. Esiste una verginità al maschile? Una verginità simbolica? Di cuore e di ansia e non proprio correlata ai genitali?
Nell’uomo non esiste l’imene, ma il passaggio simbolico alla vita adulta passa attraverso la “prima volta”.
La fatidica prima volta è sempre investita e caratterizzata da importanti significati simbolici che amplificano l’ansia e la preoccupazione da “primo rapporto sessuale”.
Quando si parla di verginità la si correla solitamente al mondo femminile, proprio perché il primo rapporto sessuale è caratterizzato dalla deflorazione: la fisiologica rottura dell’imene successiva al primo rapporto sessuale, completo e penetrativo.
La verginità, coniugata al femminile, viene associata a un momento di passaggio, di innamoramento oppure, come accade negli ultimi tempi, al togliersi il pensiero.
Quando dovrebbe avvenire la prima volta
La scelta del momento in cui avere il primo rapporto sessuale, oggi, è sempre più anticipata nel tempo; avviene con scarsa consapevolezza, formazione e informazione.
Sembra che i ragazzi vengano mossi da un bisogno interiore impellente: quello di sbrigarsi, per omologarsi al gruppo dei pari.
Le variazioni avvengono in funzione di tanti elementi: stile educativo, quindi, educazione ricevuta, della religione che si pratica, in funzione della regione di appartenenza (nord-sud), e ancora, in funzione dei valori interiorizzati dalla famiglia e dal sociale, in funzione delle esperienze vissute.
La verginità maschile, rispetto a quella femminile, correla con il concetto di impaccio relazionale e corporeo, con una scarsa capacità seduttiva e con un sentirsi un passo indietro rispetto all’identità fallica dominante.
Prima accade e meglio è
Nei ragazzi impera il bisogno urgente di avere un primo rapporto sessuale, da consumarsi il più precocemente possibile per percepirsi maschi adulti e dall’identità sessuale certa.
In passato, infatti, i padri erano soliti accompagnare i figli appena maggiorenni da professioniste del sesso – le attuali escort – per evitare di ritardare il transito alla vita erotica adulta, esperienza spesso devastante sul piano psichico e talvolta anche fisico.
Solo in tempi relativamente recenti si sono allentati i rigidi pregiudizi sociali che fanno coincidere il valore della donna e la sua moralità con la possibilità di giungere vergine al matrimonio.
La “prima volta” – la perdita della verginità – è un evento significativo e altamente simbolico che genera in tutti importanti quote d’ansia.
Di cosa ha paura il ragazzo “vergine”?
Le ansie più frequenti sono: ansia da prestazione, da dimensione e da confronto, grandi quote di apprensione, paura di non piacere alla donna, paura di non fare raggiungere l’orgasmo al partner, paura del confronto con altre genialità
di perdere l’erezione, di avere un’eiaculazione precoce, paura di una gravidanza
paura delle malattie sessualmente trasmissibili.
I ragazzi si approcciano alla prima volta mossi dalla paura di non essere all’altezza della situazione, di non avere un pene sufficientemente grande – Rocco Siffredi docet -, di fare brutta figura, di non avere un’erezione valida e sufficiente alla fatidica e faticosa prima penetrazione, di non durare tanto quanto basta per soddisfare la partner e di poter andare incontro ad una vulnerabilità erettiva o a un’eiaculazione precoce.
Per le ragazze, invece, questa esperienza è spesso associata alla paura del dolore e alla consapevolezza o al timore di perdere la verginità.
Marco e il peso della sua verginità
Ricevo Marco in studio a ridosso delle festività estive.
Eravamo a metà luglio, in preda al caldo afoso siciliano, già in preda a un marcato desiderio (bisogno) addosso di andare in vacanza. Marco mi chiama con insistenza partecipandomi la sua ansia e la sua urgenza relativa a un nostro possibile incontro per una sua problematica grave, anzi gravissima. Solitamente non esiste l’urgenza psicologica, ma dal suo tono di voce rotto in gola comprendo che bisogna intervenire al più presto.
Comprendo che non gli è possibile aspettare o procrastinare e lo ricevo pure avendo lo studio già chiuso.
Marco aveva appena compiuto ventiquattro anni e si sentiva diverso. Era diverso dal gruppo dei pari, era diverso dal cugino che a suo dire era un grande amatore, era diverso dal padre che si era già separato tre volte e altrettante volte risposato. Insomma, era diverso. Questa sua diversità si chiamava verginità.
Marco non aveva mai avuto un rapporto sessuale. Lo temeva, lo evitava, scappava a gambe levate quando sentiva odore di intimità. Marco era un giovane vergine adulto. Non aveva mai parlato con nessuno del suo disagio pur avendo il cuore adombrato da questo dolore. Non lo aveva raccontato alla madre, e tantomeno al padre. Aveva paura di essere deriso, di non essere compreso sino in fondo.
L’aver aspettato la ragazza giusta lo aveva condannato a un eterno presente fatto di solitudine e di impaccio. La sua timidezza non lo rendeva particolarmente simpatico e tantomeno un amabile seduttore. Per concedersi il lusso di un’emozione aveva bisogno di sentirsi a suo agio, di innamorarsi, di denudarsi prima l’anima e poi il cuore. Marco aveva da poco compiuto ventiquattro anni e voleva farsi un regalo: avere il suo primo rapporto sessuale.
Avevo deciso, in preda alla sua ansia e alla sua paura, di avere un rapporto sessuale a pagamento.
Pensava che, immune da un coinvolgimento emotivo, si sarebbe tolto questo dente senza dolore, senza ansie, senza la preoccupazione di dover fare bella figura.
Marco arrivò in studio alle 15 del pomeriggio: trafelato, accaldato, con la maglietta sudata e bagnata a macchia di leopardo.
Nonostante nel mio studio ci fosse l’aria condizionata, Marco continuava a sudare, era paonazzo in viso, macchiato e accaldato.
Aveva richiesto questa consulenza sessuologica in uno stato di urgenza emotiva, perché voleva sincerarsi sull’utilità delle sue intenzioni. Voleva capire se la fantasia della escort che tutto può, che tutto insegna, fosse la scorciatoia per negare a sé stesso le sue paure e le sue fragilità.
Sin dalla prima consulenza emerge una paura inconscia del confronto; non con gli altri uomini, ma bensì con il padre. Un uomo ingombrante, bello, sempre in gran forma nonostante l’età, un uomo che è rimasto un grande seduttore.
Un uomo che ha tradito più volte la madre regalandole una sofferenza infinita, il quale ha avuto tantissime belle donne, senza mai preoccuparsi del dolore che avrebbe arrecato alla sua famiglia. Marco dopo la separazione è rimasto a vivere con la madre, diventando un partner sostitutivo. Ha rinunciato alla sua vita affettiva, sentimentale e sessuale, per una sorta di patto di fedeltà inconscia con la madre. È rimasto un figlio vergine adulto per non tradire la madre, per non abbandonarla per un’altra donna, per farsi che lei non provasse ancora quel senso di abbandono che le ha regalato il padre spezzando nel cuore e andando via di casa.
Il nostro percorso è ancora in corso, e Marco, lentamente, ha abbandonato la fantasia di andare a pagamento – fantasia che gli avrebbe fatto vivere una scissione tra affettività e sessualità, e avrebbe protetto il legame simbiotico la madre -, si è fatto crescere la barba, i capelli, si è iscritto in palestra per mettere un po’ di massa muscolare, sembra rinato.
Si intravede un nuovo spazio interno per cominciare ad amare.
Qualche suggerimento pratico
L’età giusta
Molto spesso la prima volta segue le mode mediatiche del momento, i tempi degli altri, ma raramente il bisogno e la maturazione interiore del singolo, uomo o donna che sia.
Non esiste un’età cronologica giusta e uguale per tutti, ma un’età soggettiva adeguata, frutto dell’intersecarsi della maturazione fisica, psichica e relazionale. L’unico obiettivo è quello di rispettare e ascoltare il corpo biologico e psicologico del primo, audace gesto d’amore.
La persona giusta
Anche in questo caso, leggende, miti e aspettative si intersecano creando confusione.
La persona giusta non è il primo che capita, disposto a transitare velocemente alla vita adulta, né il principe azzurro per la ragazza o la donna vergine (donna da sposare per il ragazzo), ma il compagno che, per età, esperienze di vita, empatia emozionale e sessuale, si può approcciare a questa importante esperienza con calore, calma, rispetto, affetto e dolcezza.
Ambiente giusto
L’ambiente giusto è un elemento di fondamentale importanza per proteggere quest’esperienza intima da occhi indiscreti e per tutelare i legittimi protagonisti da quote d’ansia e attacchi acuti di paura.
La tanto frequentata macchina non è il luogo ideale per le posizioni scomode, per l’assenza di tutela e di riservatezza.
Mentre la ragazza teme di provare dolore, il ragazzo teme di non mantenere l’erezione o di non durare a lungo, così, la macchina rappresenta un possibile palcoscenico per catastrofici atti amorosi, e “cominciare bene” garantisce una memoria corporea positiva e ludica del piacere.
Contraccezione
Una buona, serena e ludica sessualità, correla con una buona contraccezione, per evitare percorsi gravidici indesiderati e malattie sessualmente trasmissibili, in modo da concentrare l’attenzione e la sensorialità sul partner, sul rapporto sessuale e non su ingombranti preoccupazioni.
Evitare il trauma
Il trauma può essere psichico e anche fisico.
Per evitare disagi e disastri, potrebbe essere utile rinunciare alla penetrazione in un’unica volta, ma effettuarla gradatamente, senza fretta, in diversi giorni o settimane.
L’attesa, inoltre, è un amplificatore del desiderio e stempera l’ansia.
Questo è attuabile se la prima volta avviene all’interno di un rapporto di coppia che comprenda una sessualità non disgiunta dall’affettività.
Un suggerimento che sento di dare ai ragazzi che si approcciano alla loro prima volta amorosa è quello di non consultare il web con le sue istruzioni per l’uso, uguali per tutti, ma di parlare con i genitori o i clinici di riferimento, non soltanto in caso di guai.